Lo scenario è di quelli apocalittici. A dar retta a Masal Pas Bagdadi, scrittrice e psicoterapeuta, autrice del libro «Finché legge non ci separi» (Giunti Editore) sembra proprio che quei divorzi fatti «di comune accordo», «per il bene dei figli», «con correttezza e rispetto reciproci» siano una chimera.
Il divorzio è invece uno tsunami, scrive Pas Bagdadi, «un terremoto emotivo dell'ottavo grado» che tira fuori il peggio dalle persone, spingendole a rispolverare vecchie ruggini, che finiscono direttamente sulle scrivanie degli avvocati. I quali sono profumatamente pagati per trasformare il tutto in armi improprie, sotto forma di carte bollate.
A corroborare la tesi ci sono una serie di casi incontrati dall'autrice (nata nel ghetto ebraico di Damasco, fuggita in Israele nel 1944 per sottrarsi alle persecuzioni e poi trasferitasi in Italia, dove ha messo a frutto i suoi studi occupandosi soprattutto di bambini difficili. Una vita rocambolesca che Masal Pas Bagdadi ha raccontato in un altro fortunato libro, intitolato A piedi scalzi nel kibbutz, ndr). I Case history raccolti durante la sua lunga attività professionale diventano spunto per consigli su cosa fare e cosa non fare.
Soprattutto per risparmiare sofferenze ai figli. Perché, si legge nel libro, di fronte al divorzio è «difficile dire chi sopravviverà, cosa si salverà e quanto ci vorrà per riparare i danni». Tutto molto più facile, invece, se comprate il prontuario e seguite le sue regole d'oro.
Peccato che queste ultime seguano abbastanza il buon senso, proprio quello comune: bisogna essere maturi, elaborare il lutto, accettare che uno dei due partner eventualmente abbia già un'altra «metà». Razionalizzare, ma, mi raccomando, senza soffocare le emozioni.
E se la comunicazione è ridotta ai minimi termini bisogna recuperarla, magari anche con un terapeuta, cioè spendendo altri soldi.
Ma vediamo meglio l'aspetto più delicato della fine del matrimonio, i figli. Sono loro i più fragili, i più esposti, vittime incolpevoli di una rottura decisa da altri.
Rischiano, sottolinea l'autrice, di subire «disagi e sofferenze inutili, che possono ingenerare manifestazioni di vario tipo: difficoltà scolastiche, aggressività eccessiva, depressioni o regressioni di vario genere».
Il vademecum, in questo caso, consiglia di non farsi prendere dai sensi di colpa: restate comunque il papà o la mamma, anche se non siete più nel ruolo di marito o di moglie. Lapalissiano.
Se i bambini hanno dei momenti di rabbia, o piangono, dovete ascoltarli e ricambiare con affetto. E anche con sincerità, accogliendo loro domande. Ma senza eccedere nella confidenza: non dovete dirgli proprio tutto, insomma se il divorzio dipende dal fatto che non sopportate i suoceri, o che avete deciso che preferite cambiare partner ogni mese, magari tenervelo per voi è una buona idea.
E, va da sè, bisogna anche accettare le decisioni del giudice, persino se non vi piacciono, pure se vi dà fastidio che un perfetto estraneo ficchi il naso su tempi e modi in cui potrete vedere vostro figlio.
Insomma, nel manuale c'è proprio tutto, tranne la riflessione per cui, forse, i due che divorziano hanno sufficiente astio reciproco da non avere voglia di «non proiettare sull'altro i propri desideri e le proprie frustrazioni».
Ma se state per
entrare a far parte della categoria non preoccupatevi: secondo l'Istat (dati 2011) in Italia i divorzi sono arrivati a quota 53.806: se tutti loro ce l'hanno fatta senza manuale, sopravviverete anche voi.Twitter @giulianadevivo
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