Il 20 giugno alla Camera il ministro elogiava la legge per le donne varata da Maroni

RomaLa riforma delle pensioni è sotto attacco. Inviti a cambiare ed ammorbidire i requisiti per il ritiro previsti dal decreto salva Italia si moltiplicano. E persino il ministro del Lavoro, che quella riforma ha scritto e difeso, sembra avere parzialmente cambiato idea, tanto da ipotizzare una modifica che potrebbe aprire le porte a un temporaneo ritorno alle vecchie quote e agli scalini. Il riferimento è un po' indiretto, ma è chiaro ed stato fatto da Elsa Fornero (nel tondo) il 20 giugno alla Camera. «Sempre nella valutazione del costo collettivo e dell'impatto sul trattamento previdenziale – ha spiegato – si potrebbe considerare di ricorrere ad una norma per estendere il contributivo retroattivo anche per gli uomini. Ricordo che tale norma è già in vigore per le donne, come opzione di scelta da demandare a lavoratore e azienda».
La legge che riguarda le donne citata dal ministro è quella varata da Roberto Maroni, quando era ministro e stabilisce che, fino al dicembre del 2015, le lavoratrici possano andare in pensione con 35 anni e 57 anni per le dipendenti, 58 per le autonome, a patto che accettino il metodo di calcolo contributivo, meno vantaggioso del retributivo (quello che calcola l'assegno della pensione sulla base degli ultimi stipendi). Il paradosso è questa ipotesi simile, se non più generosa, di una misura contenuta nel disegno di legge sugli esodati, che la settimana scorsa ha suscitato polemiche e proteste per il costo eccessivo. Se n'è accorto Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro, esponente Pd e primo firmatario di quella proposta.
«La proposta contenuta nella legge 51/03, all'articolo 1 non è nient'altro che la traduzione del suggerimento del ministro Fornero. Ed è paradossale che la commissione Lavoro sia stata accusata di voler smontare la riforma Fornero, proprio prendendo ad esempio il punto suggerito dal ministro». In ogni caso Damiano, e tutta la commissione Lavoro della Camera, si sono detti disponibili a rinunciare alla proposta, per non perdere l'altra parte del ddl, quello che sana la situazione degli esodati.
Tra gli «attacchi» alla riforma previdenziale Fornero, c'è anche il pressing delle associazioni datoriali che vorrebbero potere prepensionare i dipendenti più anziani in cambio di assunzioni di giovani e, da pochi giorni, anche una super delega alla stretta sulle pensioni su tutto il settore sanitario. La novità è emersa venerdì alla commissione Affari sociali della Camera che all'unanimità – per non essere di meno rispetto alla commissione Lavoro dove tutti i partiti hanno approvato il ddl Damiano – ha previsto che medici, infermieri e amministrativi delle Asl e degli ospedali potranno andare in pensione con le vecchie norme fino al 2014.

Ipotesi che non è piaciuta per niente nemmeno ai colleghi della commissione Lavoro, a partire dallo stesso Damiano e da Giuliano Cazzola del Pdl, che ritengono ingiusto un trattamento di favore dato solo a una parte del pubblico impiego. Una cosa è chiara. Anche in Parlamento è iniziata la campagna elettorale. E le pensioni rischiano di diventare merce di scambio per i partiti a caccia di voti.

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