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2013, odissea in aula A casa 150 deputati e finiani spazzati via

2013, odissea in aula A casa 150 deputati e finiani spazzati via

RomaAnno 2013, rivoluzione in Parlamento. All’indomani delle elezioni amministrative, nei palazzi della politica sono iniziate le grandi manovre dei parlamentari per assicurarsi la ricandidatura e ottenere i collegi considerati più appetibili. Una grande corsa verso un traguardo difficile che si sviluppa lungo sentieri impervi, puntando sul marketing strategico dei rapporti personali e della vicinanza con leader e capicorrente, così come sulla rivendicazione dei propri meriti e del proprio appeal elettorale.
La tensione è altissima perché diversi gruppi rischiano di essere decimati e si calcola che più di 150 deputati non saranno rieletti. Così sempre più spesso nei crocicchi dei parlamentari in Transatlantico si prova a ragionare sui criteri con cui verranno selezionate le candidature, sui numeri e sulla forma che le Camere assumeranno dopo la chiamata alle urne del prossimo anno. Lo strumento a cui si ricorre per provare a proiettarsi nel futuro è quello naturale dei sondaggi. Un rito, quello della compulsazione delle indagini sugli umori degli elettori, che si ripete quasi quotidianamente e che provoca brividi di gioia o di preoccupazione a seconda del posizionamento politico.
Naturalmente il tentativo di provare a disegnare la nuova Camera del 2013 non può che assumere contorni acrobatici. Un anno in politica è una distanza enorme e tutto può cambiare in un arco di tempo così lungo, legge elettorale in primis. Inoltre, mai come questa volta, il mosaico delle alleanze è interamente da comporre. Ciononostante inoltrarsi nella giungla delle previsioni può essere utile per provare a prefigurare il destino politico del nostro Paese. Il metodo, per una simulazione del tutto non scientifica, non può che essere quello di prendere il sondaggio più recente e provare a tradurlo in seggi attraverso il sistema elettorale attuale, provando ad immaginare coalizioni «bipolariste» con Pdl, Lega, Udc e La Destra da una parte e Pd, Idv, Sel, Verdi, Radicali e Federazione della Sinistra dall’altra.
La rilevazione presa in considerazione è quella Spincom del 15 maggio, effettuata quindi nella giornata di ieri. Un sondaggio che assegna al Pdl il 20,3% dei consensi; alla Lega l’8%; a Grande Sud l’1,2%; a La Destra il 4%; all’ Udc il 5,5%; all’Mpa lo 0,5%; al Fli il 2,9%; all’ Api lo 0,3%. Immaginando una coalizione che riunisca insieme il vecchio centrodestra, quindi Pdl, Lega, Udc, Destra e Grande Sud si arriva al 39%. Aggiungendo Fli e Api si salirebbe al 42,2%. Numeri che renderebbero questo schieramento ancora competitivo e capace di giocarsi fino in fondo la grande partita elettorale, nonostante i mille problemi e il contraccolpo dell’appoggio al governo Monti.
Sul fronte opposto il Pd si attesta al 25,6%; l’Idv al 4,1%; Sel al 5,5%; i Verdi al 2,5%; i Radicali al 2,8% e la Federazione della Sinistra al 2,1%, il Psi allo 0,4%. La somma di queste sigle porta a un totale del 43%. Da queste percentuali si ricava un primo elemento: il centrosinistra si aggiudica il premio di maggioranza e quindi la soglia minima dei 340 deputati. Un pacchetto che vedrebbe il Pd accaparrarsi tra i 230 e i 240 deputati; Sinistra e libertà tra i 45 e i 50 deputati; l’Idv tra i 25 e i 35; i Verdi tra i 10 e i 15 così come i Radicali; la Federazione della sinistra tra i 5 e i 10. Se, invece, il centrosinistra scegliesse la «foto di Vasto» e andasse al voto solo con Sel e Idv, allora Verdi, Radicali e FdS rischierebbero di restare fuori dalla Camera. In ogni caso il centrosinistra, pur vittorioso, si ritroverebbe a reggersi sopra una coalizione massimalista con prospettive e capacità di governo decisamente limitate.
Sull’altro fronte sarebbe il Pdl a pagare il prezzo più pesante visto che riuscirebbe a rieleggere tra i 130 e i 150 deputati. Un calo sostanzioso rispetto ai 272 del 2008 e ai 210 dell’attuale composizione del gruppo, con 60-80 deputati in meno rispetto a oggi. La Lega, invece, avrebbe una rappresentanza oscillante tra i 40 e i 50 deputati con perdite contenute rispetto ai 59 attuali. La Destra approderebbe a Montecitorio con 15-20 rappresentanti mentre l’Udc rimarrebbe sostanzialmente invariato con 35/40 deputati rispetto ai 38 attuali. Considerando che alla Camera sono in vigore tre diverse soglie di sbarramento - 4% per i partiti non coalizzati, 2% per i coalizzati, 10% per le coalizioni - Futuro e Libertà resterebbe fuori dal Parlamento sia qualora si presentasse da solo, sia nel caso fosse il Terzo Polo ad azzardare la prova del voto. Udc, Fli e Api toccherebbero insieme al massimo quota 8,7%. Di conseguenza soltanto il partito di Casini supererebbe l’ostacolo. L’unica possibilità per la creatura finiana sarebbe quella di riunirsi al centrodestra, in un esercizio di realpolitik, oppure percorrere avventure politiche dentro il fronte del centrosinistra.
Il vero crac elettorale del 2013, stando al sondaggio Spincom, sarà quello del Movimento Cinque Stelle, accreditato di un abbagliante 12,5% e di una pattuglia oscillante tra 70 e 80 deputati. Un exploit clamoroso che rimarrebbe probabilmente fine a se stesso e confinato in azioni politiche «dimostrative», magari a braccetto con il centrosinistra su iniziative di stampo giustizialista.

Resta tutta da tracciare la mappa del nuovo Senato dove le soglie di sbarramento - su base regionale - sono del 20% per le coalizioni, 3% per le liste coalizzate, 8% per le non coalizzate. Ma con queste percentuali sarebbe davvero un’impresa comporre una maggioranza.

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