RomaUn passo avanti, uno indietro, poi di lato, tacco punta, à la bohémienne, en fleuret, salterello. Minuetto o tarantella che sia, la coreografia inscenata da Mario Monti rientra sempre al punto di partenza. Evoca le forze maligne del disastro, sciacalli pronti a calare se non ci sarà lui a Palazzo Chigi, e vede negli accordi post elettorali la via di fuga. Fatta balenare una linea di credito a Vendola, ecco subito revocarla per immaginare «ancora un periodo abbastanza lungo di collaborazione di tutte le forze disponibili, tagliate le estreme sia destra che a sinistra».
Insomma, il Prof torna sul luogo del delitto: l'inciucione che gli permette di essere ago della bilancia. «Credo sia difficile oggi dare per consolidate le coalizioni che si presentano alle elezioni», dice nell'ennesima giornata di chiacchiera. «Potremmo trovarci in molte situazioni difficili da prevedere...». Dov'è finita la baldanza della vittoria, l'epopea dell'immancabile trionfo che avrebbe arriso alle truppe calate dalla società civile (alta civiltà ma più alto reddito)? Probabilmente sotto le macerie di sondaggi grami, più che per gli alleati che per lui, che continua a sottovalutarli. La «cannibalizzazione» in atto nei confronti di Udc e Fli certifica che nel Paese reale Monti non ha sfondato, la sua idea di impegno ha convinto solo i già convinti e una parte del ceto politico e imprenditoriale. «Se non vinciamo esaminiamo subordinate», per usare il fulminante eufemismo di Pierfurby Casini.
Come un pugile chiuso nell'angolo, SuperMario resta in attesa del provvidenziale conteggio. E reclama il confronto tv con Berlusconi e Bersani. Che se è solo per questo ci sarà: giovedì 21, a partire dalle 21.10, su Canale 5. Ma i tre (l'ordine è stato deciso per estrazione) saranno intervistati uno dopo l'altro: prima Monti, Poi Berlusconi, infine Bersani.
Nel frattempo Monti s'è rimangiato l'apertura a Vendola (che s'era ben guardato dal gioirne) perché, spiega «era solo un modo gentile per dire che le sue opinioni sono rispettabili, ma per me non in linea con gli interessi del Paese. Se cambiassero, se dicesse sì alla Tav e non ostacolasse la riforma del lavoro, chissà...». L'affaire Finmeccanica-Orsi rischia però di crollargli addosso, e il premier scopre - «ora che tutto è più chiaro e il governo punta ad avere una governance e personalità efficaci alla guida di Finmeccanica» - che è «molto sconfortante la compenetrazione impropria tra il sistema dei partiti e l'economia». Ma che anche lui, da premier, avallasse certe «compenetrazioni» non dev'essere, evidentemente, abbastanza chiaro. Nelle ricette del Prof, sbuca così un «nuovo sistema trasparente di lobby», anche «se non prenderei gli Usa come modello immacolato». Forse allora le riunioni di Bilderberg, «alle quali magari qualche politico ci andasse, perché ci aiuterebbe ad uscire da un isolamento politico e culturale...». Nella visione di Monti c'è il rischio di un nuovo «incendio finanziario se gli italiani dessero retta all'offerente di promesse illimitate Berlusconi».
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