Un popolo assapora l'esaltante esperienza di libertà quando spezza le catene, rovescia l'oppressore, caccia il tiranno. L'abbiamo visto nei grandi movimenti collettivi della primavera egiziana, quando milioni di persone si sono riunite nella Piazza Tahrir al Cairo, portando alla cacciata di Mubarak. Coloro che affluivano per manifestare in questa piazza erano diversi fra loro - c'erano marxisti, liberali, fratelli musulmani, salafiti e copti - ma in quel momento si sentivano tutti uguali, tutti fratelli. Sentivano di far parte dello stesso popolo, dello stesso esercito rivoluzionario in marcia, di volere le stesse cose, di avere gli stessi ideali. Questo sentimento di unità e di fusione è il prodotto dello «Stato Nascente», la fase iniziale dei movimenti collettivi. È un'esperienza che affratella anche chi è diverso. In uno stato di straordinario entusiasmo, tutti gli individui sono certi di potersi finalmente liberare dai vincoli, le coercizioni, le paure del passato: tutti hanno la sensazione esaltante che fra poco incomincerà per tutti una vita nuova, dove non vi saranno più il male e la sofferenza. Tutti sono sicuri che il vecchio mondo sia finito e al suo posto arriverà un mondo ideale e luminoso dove ci sarà verità e giustizia per tutti.
Ma nelle rivoluzioni c'è sempre chi invece resta lucido ed approfitta di questa «luna di miele» per prenderne la guida. Mentre in Piazza Tahrir la gente si abbracciava, i gruppi organizzati dei Fratelli musulmani si stavano impadronendo del potere dello Stato e preparavano una Costituzione islamista totalitaria.
Quando l'hanno capito, i liberali, i moderati, i laici e i copti sono scesi di nuovo in Piazza Tahrir, ma vi hanno trovato i Fratelli musulmani schierati contro di loro, al fianco di un muro di soldati.
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