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Ecco il traghettatore: Epifani Il Pd in mano a un craxiano

Impotenza dei vertici e terrore del rinnovamento soffocano la discussione interna La scelta del candidato condiviso è l’ennesimo tentativo di nascondere i problemi

Ecco il traghettatore: Epifani  Il Pd in mano a un craxiano

Guglielmo Epifani è l'unico socialista diventato ex comunista. La sua nomina alla segreteria del Pd - seppur come «garante» e «traghettatore», in attesa del congresso di ottobre - indica una chiusura conservatrice, dettata dalla paura e dall'impotenza. Lo spappolamento ha posto il gruppo dirigente di fronte a un bivio drammatico: aprire una discussione vera, onesta e presumibilmente feroce, e scegliere non un segretario «condiviso», ma un leader politico all'altezza; oppure ripiegare un'altra volta sull'usato sicuro, guadagnare qualche altro mese e rinviare la resa dei conti interna.

La prima opzione - un vero dibattito, un vero segretario - avrebbe forse messo a repentaglio il governo, ma avrebbe restituito al Pd centralità e iniziativa politica. La seconda opzione, prevalsa ieri sera, prova a nascondere la polvere sotto il tappeto e la testa sotto la sabbia.

Guglielmo Epifani ha trascorso gran parte della sua vita pubblica nella componente socialista della Cgil, fino a diventarne il capo nel 1993, come segretario generale aggiunto di Bruno Trentin. L'anno dopo diventa vice di Sergio Cofferati, il «signor no» che schierò la Cgil su quella linea di intransigenza conservatrice che ancor oggi la contraddistingue e la separa dagli altri sindacati. È in quegli anni che Epifani, smessi i panni socialisti, entra sempre più strettamente nell'orbita Ds, tanto da guadagnarsi, nel 2002, la segreteria generale della Cgil. Dopo otto anni di opposizione a qualsiasi riforma proposta da qualsiasi governo (incluso quello guidato da Prodi fra il 2006 e il 2008), Epifani lascia il sindacato per approdare al Pd, che quest'anno lo ha candidato capolista alla Camera a Napoli e pochi giorni fa lo ha eletto presidente della commissione Attività produttive.

Il suo arrivo alla segreteria del Pd - sempre che domani non si riaffaccino massicci i franchi tiratori - segna indubbiamente un punto per Bersani, che lo aveva indicato per primo e che lo ha sostenuto dietro le quinte in questi giorni caotici. La continuità politica, del resto, è vistosa: Epifani, come Bersani, è espressione di una linea politica socialmente conservatrice, tentata dal giustizialismo, profondamente antiberlusconiana e sostanzialmente subalterna al partito di Repubblica. Nonostante la stupefacente catena di errori compiuti, dunque, Bersani dimostra di controllare larga parte dell'apparato, che stamattina si riunisce a Roma sotto forma di Assemblea nazionale.

Ma la soluzione che oggi sembra accontentare tutti - compreso l'indifferente Matteo Renzi, sempre più incerto se legare il suo futuro al Pd o scegliere un nuovo contenitore - rischia invece di scontentare molti. Il primo problema riguarda l'opinione pubblica: da un partito in crisi ci si aspetta uno scatto di reni, il coraggio, una visione. Il secondo riguarda il governo: quanti e quali provvedimenti economici a Epifani sarà capace di far accettare al suo partito e ancor più al suo gruppo parlamentare? E come e quanto a lungo saprà resistere all'ondata antiberlusconiana che sta squassando gran parte della base dopo la condanna in appello del Cavaliere e alla vigilia della sentenza su Ruby?

Il terzo problema, naturalmente, riguarda il partito: i giovani di Occupy Pd (bersaniani ortodossi), cui si è unito il giovane ad honorem Pippo Civati, chiedevano un netto rinnovamento e la convocazione immediata del congresso, e si ritrovano un ex sindacalista ultrasessantenne. L'area dalemiana è tutt'altro che soddisfatta: Latorre ancora ieri proponeva non un «traghettatore», ma un vero segretario, e Cuperlo ha già annunciato la sua candidatura formale al congresso. Ai renziani non può certo piacere un campione del conservatorismo. Molti ex popolari vedono in lui un pericoloso antagonista del governo Letta. E i Giovani turchi, che da mesi meditavano un Midas che chiudesse la partita del ricambio generazionale, devono accontentarsi di Fassina viceministro.

Il calvario democratico dunque continua.

E sebbene i tempi di discussione siano oggi assai ristretti - l'Assemblea inizierà non prima delle 11 e si comincerà a votare già nel primissimo pomeriggio - c'è da scommettere che alla Fiera di Roma non tutto filerà liscio. Anzi.

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