La versione di Bisignani. Un fiume di parole e di molti (strani) silenzi

Sconosciuto al grande pubblico ma con i contatti che contano nel Palazzo e nella finanza. È stato coinvolto in diverse inchieste, da Enimont alla P4

Che cos'è il potere? Se il libro intervista di Paolo Madron con Luigi Bisignani, da domani nelle librerie per i tipi di Chiarelettere, fornisse una riposta a questa domanda varrebbe senz'altro più dei 13 euro del prezzo di copertina. Ma non è e non poteva essere così. Il misterioso Bisignani, «l'uomo più potente d'Italia» secondo la definizione di Silvio Berlusconi, più semplicemente racconta la «sua» verità su tante vicende e protagonisti degli ultimi 40 anni di storia d'Italia. Un pezzo di verità. La «Versione di Bisi».

Nelle oltre 260 pagine dell'intervista, dopo essersi definito «un battitore libero senza padroni né padrini» Bisignani narra aneddoti, svela retroscena, smaschera intrighi, rivela collegamenti che hanno attraversato l'Italia dal 1970 a Papa Bergoglio. L'idea è quella di parlare del potere, per l'appunto, attraverso tutte le sue declinazioni: dalla politica all'economia; dalla finanza al Vaticano; dai servizi alla magistratura; dall'informazione all'esercito. Ma alla fine pare difficile trarne una chiave di lettura con un capo e una coda, mentre quello che resta più impresso sono gli aneddoti, i flash, la forza e le debolezze delle persone descritte e, a volte, anche giudicate. Di sicuro ne emerge un quadro nel quale Bisignani svolge un ruolo di triangolazione tra i poteri e di selezione della classe dirigente.

Il racconto va via liscio e lascia la sensazione di leggere qualcosa di segreto: da questo punto di vista Madron ha scritto un libro che è tutto uno scoop. Per la prima volta Bisignani, personaggio non noto al grande pubblico e avvolto da una nebbia di mistero anche per chi gli passa più o meno vicino, parla e racconta un sacco di storie, facendo nomi e cognomi. Ma sono anche tanti i nomi e i cognomi che non fa, le cose che non dice e - da quanto si è appreso ieri alla presentazione del libro, con l'autore Madron e l'editore Lorenzo Fazio - quelle che avrebbe detto ma poi sono state tolte dalla versione definitiva. Vuoi per «evitare querele», hanno detto Madron e Fazio; vuoi per ragioni di opportunità, aggiungiamo noi, visto che «sono state tante e molto forti le pressioni che abbiamo subito per non fare uscire il libro».

Né si può ignorare che il racconto di Bisignani vede la luce dopo la chiusura dell'invasiva vicenda giudiziaria che lo ha coinvolto nel 2011: l'inchiesta sulla cosiddetta «P4», organizzazione segreta finalizzata a influenzare la vita politica, economica e sociale del Paese, per la quale ha patteggiato una pena di un anno e sette mesi. L'idea del libro, ha detto ieri Madron (che conosce Bisignani da trent'anni), è nata proprio dopo il patteggiamento: «Ci siamo visti per un caffè e gli ho proposto la cosa. Mi chiese se fossi matto. Ma dopo un paio di giorni mi richiamò accettando». Tutto questo per dire che Bisignani ci racconta la sua verità oggi, quando la parabola è già discendente; quando chi doveva tradire ha tradito; quando l'umano istinto del sassolino nella scarpa si fa forte; quando una buona fetta della sua influenza è stata depotenziata e il mistero che lo avvolgeva, fitto fino al 2011, è stato rivelato.

Ma qual è il curriculum del potere? Classe 1953, sposato con quattro figli, nato a Milano, Luigi Bisignani cresce per i primi dieci anni in Argentina perché suo papà è il figlio del capo della Pirelli in Sudamerica. Un inizio importante perché a Buenos Aires viene notato da Agostino Rocca, il fondatore della Techint che, quando Luigi torna in Italia e perde il padre a sedici anni, gli dà la prima occasione: fargli avere tutte le mattine una rassegna stampa italiana. Bisi è sveglio e da lì, grazie ai Rocca, inizia a essere introdotto negli ambienti romani che contano. E a tessere relazioni. Si laurea in Economia, inizia a fare il giornalista e a 23 anni è già al ministero del Tesoro, con Gaetano Stammati. Lavora per l'Ansa, Panorama, l'Espresso. Conquista la fiducia di Giulio Andreotti. Il suo nome è nell'elenco della P2. Poi, nel '91, il gruppo Ferruzzi, di cui si occupa delle relazioni esterne. Nel '98 arriva una condanna a due anni e sei mesi per la vicenda Enimont.

Da allora e fino al 2011 si muove dietro le quinte, alimentando la fama di grande burattinaio. Di certo uomo di relazioni, se ce n'è uno. Nella sua scalata al potere incontra tutti i personaggi che contano. Nell'intervista ci sono amici e nemici. Ma non pesano meno anche quelli che mancano, come alcuni tra i considerati a lui più vicini, primo tra tutti l'ad dell'Eni ed ex Techint Paolo Scaroni.

O l'attuale numero uno di Intesa, Enrico Cucchiani. A sorpresa, invece, Bisignani volta le spalle a Cesare Geronzi: il profilo dell'ex presidente di Capitalia, Mediobanca e Generali esce pieno di ombre. A testimonianza di un rapporto deterioratosi negli ultimi anni.

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