Ci risiamo: il Pd invoca la propria fragile e divisa natura per usurpare il diritto di assegnare patenti di «impresentabilità» agli altri. Per richiamare questo partito al senso di responsabilità, basterebbe consigliare loro la lettura dell'intervista pubblicata ieri sul Giornale ad Anna Paola Concia, deputata del Pd e atleta. Abituata a battersi con avversari veri e non azzoppati. La Concia, che certo non ama Daniela Santanchè, non ha dubbi sul fatto che il suo partito debba far passare questa candidata del Pdl al ruolo di vicepresidente della Camera lasciato vacante dall'onorevole Lupi. E lo deve fare per rispetto delle istituzioni, nonché per rispetto di se stesso.
Invece, il Partito democratico ancora una volta non esita a scaricare sui cittadini i propri problemi, provocando la paralisi della politica. L'onorevole Daniela Santanchè è stata scelta dal Pdl. Non è previsto il diritto di veto e neppure il gradimento degli alleati: secondo i patti chiari e trasparenti, ogni partito della coalizione si impegna a votare i candidati altrui. O è così oppure le larghe intese diventano le false intese.
Il fatto è che il Pd, diversamente dal Pdl e da Scelta civica, ha l'incancrenito problema di una base senza identità ma con molti malesseri infantili che, scimmiottando il movimento occupy Wall Street, reagisce a forza di occupy di qua e di là. E ora pretende di occupy lo spazio della lealtà istituzionale. Perfino il movimento Cinque Stelle si è indignato per un tale comportamento irresponsabile perché è evidente che questo governo esiste soltanto per dare al Paese forti e immediate risposte di natura economica, alleggerendo la stretta sulle famiglie e mettendo mano alle riforme indispensabili.
Si tratta quindi di fare, e di corsa, cose che pongono in seconda fila le differenze storiche e politiche fra i membri della coalizione, i quali non devono sposarsi ma soltanto allearsi per battere la crisi a favore dei cittadini: poi si tornerà a votare e nemici come prima. Ma ecco che il Pd di nuovo fa saltare i patti invocando una pretesa differenza razziale. Nella difficile costruzione dell'edificio politico questo è un abuso edilizio. Di più: un vizio. Ricordate la vicenda del Quirinale? Dissero: «Noi del Pd sceglieremo la rosa dei candidati, voi del Pdl sceglierete quello da votare». E poi fecero fuori Marini selezionato da loro e scelto dal Pdl.
Ora assistiamo di nuovo ai contorcimenti di un partito che merita di vedersi applicato sulla pelle il marchio dell'irresponsabilità e dell' impresentabilità che pretenderebbe di affibbiare agli altri. E questo, oltre che inaccettabile, è anche ridicolo.