Politica

Telefonate ai Ligresti, ora indaga Roma

Il fascicolo sulle conversazioni della Guardasigilli aperto dopo l'arrivo degli atti da Torino. Al momento nessun inquisito

Telefonate ai Ligresti, ora indaga Roma

Roma - La Procura di Roma apre un'inchiesta sul caso Cancellieri, ma per ora è un fascicolo K, senza ipotesi di reato né indagati. Il pm aggiunto Sandro Ausiello ha portato ieri gli atti della procura di Torino al capo dell'ufficio Giuseppe Pignatone. Già stamattina le carte saranno esaminate e assegnate a un sostituto per l'indagine.
Gli inquirenti romani andranno avanti solo se l'ipotesi riguarda un reato comune, che potrebbe essere false informazioni ai pm torinesi del ministro della Giustizia sui suoi contatti con i Ligresti, nell'interrogatorio del 22 agosto a Via Arenula. Se invece si ipotizzasse un reato ministeriale, come eventuali pressioni della Guardasigilli per la scarcerazione di Giulia Ligresti, tutto dovrebbe essere trasmesso al Tribunale dei ministri per gli accertamenti.
Da Torino si fa sapere che, per il codice penale, anche se le dichiarazioni della Guardasigilli non fossero del tutto corrette, potrebbero non essere punibili se fatte per difendere il proprio «onore».
Tutto avviene alla vigilia del voto alla Camera sulla mozione di sfiducia del M5S su Annamaria Cancellieri, che parla di «un'ombra indelebile».
Il passo indietro spontaneo della Guardasigilli non c'è stato, lei continua ad affermare la propria correttezza e sfoggia serenità, mentre dà gli ultimi ritocchi al discorso che farà stamattina a Montecitorio. In gioco non c'è solo la sua testa, ma gli equilibri interni del governo in cui le dimissioni potrebbero aprire il varco a un più largo rimpasto.
Infatti, per blindarla si sono mossi tutti i Palazzi che contano. Dal Quirinale, dove Giorgio Napolitano si è esposto ancora una volta, lodando il «rigore» dei pm torinesi, a Palazzo Chigi con Enrico Letta che ha partecipato ieri sera all'assemblea del gruppo Pd alla Camera per smorzare i toni battaglieri dei vari Renzi, Civati e Cuperlo.
Al ministro ha dato una grossa mano il procuratore di Torino Giancarlo Caselli, che lunedì ha annunciato: la Cancellieri non è indagata, mettendo in secondo piano il fatto che le carte sono state trasmesse a Roma, competente territorialmente. Ieri, poi, si è fatto sapere che possono partire accertamenti sulla fuga di notizie che ha portato alla pubblicazione di intercettazioni e tabulati scottanti sul caso della famiglia arrestata per l'inchiesta Fonsai.
Ma il plauso espresso dal capo dello Stato agli inquirenti torinesi, provoca la reazione polemica di Sandro Bondi, che parla di «inusuale» intervento di «supplenza politica».
Le due anime dell'ex Pdl, Fi e Ncd, rimangono unite nella difesa della Guardasigilli. Mentre i Dem si dilaniano e Renato Brunetta scrive su Twitter: «Renzi tira la donna cannone contro Letta. Da noi coerenza, dal Pd giustizialismo». Mario Monti precisa di non aver preso le distanze dalla Cancellieri, com'era sembrato il giorno prima. Pier Ferdinando Casini giura sulla sua correttezza.
Deve dimettersi, insistono i grillini, un ministro della Giustizia che si è «lasciato condizionare nel suo operato dai suoi rapporti personali con la famiglia Ligresti - e dai rapporti economici poco chiari del figlio - agendo, oltretutto, con una marcata disparità di trattamento verso gli altri detenuti “non eccellenti” e utilizzando i magistrati che operano all'interno del ministero». E il M5S condivide il paragone fatto dai berlusconiani con il caso Ruby. Insolita alleanza quella che accosta M5S e Lega. «Voteremo la sfiducia - conferma il leader del Carroccio Roberto Maroni - Il ministro è incompatibile.

Mi auguravo che il senso istituzionale le consigliasse di dimettersi».

Commenti