Fiat lascia l'Italia

Fiat Chrysler Automobiles avrà sede legale in Olanda e fiscale a Londra. Fare impresa qui è impossibile

Fiat lascia l'Italia

La Fiat, come ampiamente previsto, ha stabilito che la sua sede legale sarà in Olanda e quella fiscale a Londra. Comprendiamo perfettamente l'atteggiamento romantico di dolersi per una società italiana che decide di mettere radici all'estero. Ma ai fenomeni che oggi si lamentano e considerano la scelta degli azionisti sbagliata, vorremmo porre alcune domande. Per quale motivo razionale una multinazionale dovrebbe scegliere, potendo, di pagare il doppio delle tasse sugli utili in Italia? Per quale motivo dovrebbe utilizzare le nostre norme commerciali, fiscali e non andare a cercare il luogo più favorevole all'impresa? Evidentemente non ci rendiamo conto di che cosa stia accadendo.
La Fiat ha commesso molti errori e nel passato ha abusato di aiuti pubblici. I suoi azionisti, quando l'azienda era ben piantata in Italia, hanno costituito tesoretti all'estero evadendo il fisco. Il caso Fiat ci interessa per affermare un principio, non per difendere le scelte di una singola azienda. La questione è infatti semplice. Oggi si compete su un mercato globale. Titolo buono per un bel convegno di Confindustria, con politici illuminati che recitano il compitino. Nella realtà sia la prima sia i secondi se ne sono fottuti delle loro stesse relazioni pubbliche. E non hanno combinato un accidente. Ci troviamo in una morsa micidiale. Non siamo competitivi sul mercato del lavoro. Troppo norme, troppi vincoli, troppe tasse. E così l'atteggiamento razionale di una multinazionale come Electrolux è quello di puntare la pistola alla tempia degli operai: o accettate la nostra offerta o ce ne andiamo. Dall'altra le imprese domestiche, nate e vissute in Italia, non hanno alcuna convenienza a fare i loro profitti a casa nostra. Per i medesimi motivi: troppe leggi, troppi vincoli, troppe tasse. Come la si prende, l'iniziativa economica privata e di mercato è diventata da una parte il bancomat del Tesoro e dall'altra l'aspirapolvere dei nostri pregiudizi anticapitalisti. Nel frattempo discutiamo con la massima urgenza dell'innalzamento dell'Italicum: mezzo punto qua, tre punti là. Le regole istituzionali sono importanti, per carità. Ma se perdiamo ancora tempo, il rischio è che esse si applichino solo a coloro che non possono scappare, a chi è incatenato all'Italia. Le norme costituzionali e i supremi giudici hanno appena deciso che è incostituzionale tagliare gli aumenti previsti per i magistrati amministrativi. Siamo certi che in punta di diritto sia tutto corretto. Il problema è che quegli aumenti (passateci la semplificazione) non sono pagati da Babbo Natale, ma dal cuneo fiscale che grava sugli operai della Electrolux e dai dividendi della Fiat. Il problema è che quegli aumenti alimentano una macchina burocratico-amministrativa super specializzata, temuta, inamovibile, che è precisamente il motivo per il quale le aziende scappano da questo Paese.

Ci fu un titolo micidiale su The Sun di Murdoch nel 1992 alla vigilia delle elezioni inglesi in cui i laburisti di Neil Kinnock si opponevano ai conservatori: «L'ultimo che lascia il Paese spenga la luce», diceva il quotidiano paventando la vittoria laburista. Che poi non ci fu. Noi siamo già in penombra.

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