Accordo fiscale con l'Italia La Svizzera pronta a firmare

A Berna riscuote consensi l'idea di Berlusconi per coprire la restituzione dell'Imu. Il portavoce dell'esecutivo elvetico: "Decisi a siglare con Roma, poi il referendum"

Accordo fiscale con l'Italia La Svizzera pronta a firmare

Né risate e neppure alzate di spalle. Berna non è Roma e in Svizzera prendono sul serio la proposta choc del Cavaliere: restituire l'Imu, coprendosi con la tassazione dei capitali italiani parcheggiati nei caveau svizzeri. Fantascienza? Solo nei salotti italiani. L'idea di Berlusconi è stata oggetto di un fitto tiro al bersaglio che non accenna a finire, ma a Berna la vedono diversamente. «La Svizzera - spiega all'agenzia Agi il portavoce della segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali Mario Tuor - è pronta a siglare il più presto possibile, non appena sarà formato un nuovo governo, un accordo fiscale con l'Italia sulla regolarizzazione dei depositi detenuti da cittadini italiani nelle banche elvetiche, ma restano ancora nodi da sciogliere». Non solo: Tuor, che conosce molto bene la mentalità e le dinamiche dei suoi connazionali, immagina un altro passaggio: «Va messa anche in conto la possibilità di un referendum voluto dai cittadini svizzeri». Da Lugano a Basilea, si sa, le consultazioni popolari sono una costante della vita politica nazionale. E anche un'eventuale intesa con Roma su una questione così delicata potrebbe essere sottoposta alla verifica popolare.

La strada però è aperta. «Alla faccia di Monti, Bersani e compagni vari - esulta l'ex ministro Renato Brunetta - L'impegno di Berlusconi è ben più serio di quello che maliziosi e disinformati commentatori e leader politici vorrebbero far intendere». La via svizzera potrebbe essere percorsa nel giro di qualche mese con risultati importanti per le boccheggianti case dello Stato italiano. Berlusconi, che ieri è tornato sull'argomento dagli schermi di La7, ha citato, come esempio da imitare, la Germania. In realtà l'intesa fra Berna e Berlino, ormai a portata di mano, è saltata per il no del Senato tedesco. E le trattative, aperte a suo tempo con Italia, Francia e Spagna languono. Anche perché si è messa di traverso la Commissione europea che vorrebbe firmare un unico patto fra l'Europa e la Svizzera. Insomma, ci sono aspetti tecnici da non sottovalutare. E c'è anche chi, come l'ex procuratore capo di Lugano Paolo Bernasconi, fa professione di pessimismo: «Roma non vedrà i primi soldi da Berna - ha detto al Corriere della Sera - prima di 4 o 5 anni». E però per mesi l'Italia ha esplorato il tema ed era a buon punto nella risoluzione del contenzioso, come ora riconosce implicitamente Berna. Del resto, Austria e Regno Unito, che pure fanno parte della Ue, hanno già trovato l'accordo. Per regolarizzare il passato si pagherà un'una tantum compresa per i cittadini della Gran Bretagna fra il 21 e il 34 per cento, con picchi in situazioni particolari al 41 per cento, più bassa per i tesori austriaci; poi, a regime, inglesi e austriaci subiranno una trattenuta che dipenderà da diversi fattori.

Per l'Italia, Berlusconi prevede un gettito di 25 miliardi una tantum, più 5 di maggiori entrate negli anni successivi. Sul punto, naturalmente, le analisi divergono: nei forzieri svizzeri ci sarebbero fra i 100 e i 130 miliardi di euro e più di un analista ipotizza che in caso di accordo almeno la metà dei capitali emigrerebbe verso Singapore e le Cayman.

Insomma, gli incassi si assottiglierebbero rispetto alle generose aspettative del Cavaliere, ma anche a stare bassi, molto bassi, si può ragionevolmente sostenere che l'Italia porterebbe a casa 10 miliardi. Una cifra più che sufficiente per tamponare il buco. E sconfiggere il partito dei dubbiosi.

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