La rassegna delle dichiarazioni con toni tra il rassicurante e il trionfale è ampia. Dopo l'ennesima strage di ieri nel canale di Sicilia Jean Claude Juncker, designato alla presidenza della Commissione europea, ha fatto sapere che «una delle opzioni allo studio» è la creazione di un commissario ad hoc per la questione immigrazione. Non subito, ma «dopo il 16 luglio», data in cui Juncker si insedierà formalmente nel nuovo incarico. Vuol dire che per ora non se ne fa nulla. «Servono più sforzi da parte dell'Ue e un maggiore contributo», gli ha fatto eco la commissaria agli Affari interni Cecilia Malmström. Specificando però che questo maggiore contributo va tirato fuori «nell'ambito delle risorse disponibili». Tradotto: non ci saranno finanziamenti in più. Il budget resta quello di 4 milioni di euro «disponibili nella cornice dell'assistenza di emergenza all'Italia», ha aggiunto la responsabile svedese.
Per fare un confronto, al di là dell'Oceano il presidente Usa Barack Obama ha chiesto tre giorni fa al Congresso di stanziare 2 miliardi di dollari aggiuntivi, da spendere in assistenza sanitaria e rimpatri, per far fronte all'analoga emergenza degli immigrati provenienti dall'America centrale e diretti soprattutto verso il Texas.
A rievocare e mettere in fila dichiarazioni e promesse si nota che nel vecchio continente una soluzione sulla gestione dei flussi migratori la aspettiamo da tempo immemore. Dopo ogni nuova tragedia ci si appella all'Europa, la si accusa di inerzia (anche ieri, Roberto Maroni: «Sento tante chiacchiere ma la Commissione non sta facendo nulla»), dopo i vertici a Bruxelles si canta vittoria, si proclama il successo, chi governa si auto incensa.
Tre giorni fa Matteo Renzi ha annunciato: «Da oggi l'Italia è meno sola». Peccato che il passaggio sul «mutuo riconoscimento» delle decisioni sull'asilo ai migranti, nel documento conclusivo del vertice, non ci sia. Non a caso lo stesso premier ha dovuto ammettere che «era nella prima bozza e avremmo preferito restasse». Intanto informa della nascita di un Frontex plus, in versione rafforzata. «Abbiamo messo le basi», è l'espressione usata in questo caso dal presidente del Consiglio. Eppure le stesse «basi» erano già state «poste» nove mesi fa, quando a ottobre del 2013 il ministro dell'Interno Angelino Alfano dichiarò: «L'Italia ha ottenuto dall'Europa che Frontex cambi registro. Lampedusa sarà frontiera del Mediterraneo e non solo dell'Italia». In quegli stessi giorni, all'indomani di un altro vertice, l'allora premier Enrico Letta assicurò che «sugli immigrati l'Europa non lascerà sola l'Italia». Però il mese successivo, e siamo a novembre del 2013, il ministro degli Esteri Emma Bonino invocò nuovamente l'Ue: «La risposta alla gestione dei flussi arriverà con il vertice di dicembre», promise sottolineando che «la lotta al traffico di esseri umani è responsabilità comune». Pochi giorni prima, il 5 novembre, il ministro per gli Affari europei Enzo Moavero, dopo un incontro con i deputati italiani al Parlamento europeo parlò di «svolta» nell'approccio alla questione immigrazione, affermando che «il clima tra i leader è cambiato». Ci si preparava al summit del 19 e 20 dicembre, quello dedicato alla creazione di una «task force per il Mediterraneo». La conclusione di quella due giorni fu la stesura di linee guida per combattere il traffico di essere umani, rafforzare Frontex e sostenere la redistribuzione dei migranti. Cioè le stesse priorità manifestate da Malmström ieri, quando ha preconizzato un «piano Ue contro il traffico di migranti, che coinvolge tutti gli attori rilevanti, in particolare Europol e Frontex».
Anche andando più a ritroso nel tempo la litania è la medesima.
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