Fra agnelli, caprette e pecore moriranno in 800mila. Con inutili e atroci sofferenze

Uno dei tanti miei zii, scomparso molti anni fa, lavorava presso il macello comunale. Giunto in età matura parenti e amici si accorsero che, quando arrivava la settimana di Pasqua, prendeva qualche giorno di ferie. Non andava da nessuna parte, viveva in uno dei quartieri più poveri e popolari della città. Solo dopo la morte abbiamo saputo, da chi lavorava con lui, che non poteva sopportare quei belati che assomigliavano alle urla di un bambino disperato che invoca la mamma.
C'è un video che gira su Internet in questi giorni, realizzato in oltre un anno di lavoro sotto copertura, dagli attivisti di Animal Equality. Mi guardo bene dal raccontarvi quelle immagini, ma se qualcuno volesse rendersi conto della violenza (gratuita) con la quale trattiamo chi si è trovato a camminare con l'uomo lungo le strade di questo pianeta, può andare sul sito www.salvaunagnello.com e rendersi conto perché un uomo adulto, indurito da anni di lavoro nei mattatoi, chiedeva una settimana di ferie quando arrivavano i carichi di agnelli per Pasqua.
Hanno un mese di vita e dovrebbero stare con la mamma a succhiare il latte, mentre, dopo essere stati pesati a mazzi, come gli asparagi, vengono stipati in spazi ristretti, costretti a calpestarsi per la disperata ricerca di una fuga, verso il ventre di una mamma che per fortuna non li può più udire.
Ogni anno, ci avverte l'associazione, ne vengono uccisi in Italia 4 milioni, mentre nel periodo pre-pasquale le gole tagliate dalla lama sono oltre 800.000, tra agnelli, capretti e pecore. Dovrebbero essere completamente storditi, prima che il sangue zampilli dal collo tagliato, ma le immagini ci mostrano sommarie e frettolose scariche, senza perdita completa di coscienza o scariche eccessive con il pelo che prende fuoco. E qui mi fermo, perché è necessario che finiate questo articolo.


«Ci teniamo a sottolineare» affermano gli attivisti «che queste crudeltà non rappresentano un caso isolato ma la ripetuta realtà dei fatti», immortalati dalle telecamere e dalle macchine fotografiche nei macelli italiani e non in quelli clandestini, ma in quelli ufficiali durante una normale giornata di lavoro o di ordinaria follia.
«Tu puoi fare la differenza per loro. Scegliere di non mangiarli». Così finisce il video degli orrori e questo vi invito a fare in ricordo di un vecchio e ruvido zio che non sopportava il loro pianto.

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