Album di famiglia dell'Italia

All'appello hanno risposto in 22mila. E la pagina diventa il ritratto di una generazione

Ci sono le ragazze della colonia estiva di Riccione che andavano al mare in treno cantando «Azzurro», fotografate tutte uguali sul bagnasciuga con il costume di maglina blu che pizzicava la pelle e diventava pesantissimo appena ti bagnavi. O lo zio Gino pettinato come Little Tony al volante della sua prima macchina, la Bianchina Trasformabile con la verniciatura bicolore. O il Paolino, il figlio di quello del bar, vestito con la maglia del pallone all'oratorio, senza sponsor e con i numeri dall'uno al nove, che sognava di diventare Josè Altafini, detto Mazzola, ma anche Sivori e tutti gli Angeli dalla faccia sporca. Sarà che la nostalgia è uno specchietto retrovisore che ti fa sembrare le cose più luminose di quello che sono, sarà l'effetto «migliori anni della nostra vita» che non finisce mai, ma in questi tempi rapidi e indignati che dimenticano subito e vivono in fretta si scopre che il passato è pieno di vita e che il futuro non è più quello di una volta.

Dicono che facebook sia un'invenzione per allontanare le persone, per ribadire le opinioni più che scambiarle. Non è sempre vero. C'è una pagina, 22.769 «mi piace» fino ieri sera, «Noi cresciuti negli anni 50 e 60» che dell'album di famiglia, quello che una volta stava nel cassetto della nonna sotto la biancheria pulita, ha deciso di farne il ritratto di una generazione, l'istantanea di un'epoca, una somma di minuziosi racconti che passano dai dettagli, dagli sguardi, dai vestiti. Come una bella scatola di matite colorate, tutte da temperare, per sentire l'odore, per disegnare qualcosa di te, qualcosa che resti.

Si guardano piano, una per una, ogni foto è un'ambiente, una storia, una situazione, ognuno spedisce, o «posta» come si dice in gergo, la sua fotografia, ed entra nella Storia di tutti, la firma insieme agli altri: sono immagini che somigliano a quelle che pubblichiamo qui sotto, ti fanno capire quanto siamo cambiati, quanto siamo rimasti uguali. Finora ne sono arrivate più di duemila, ma siamo solo all'inizio, ci si racconta, ci si ritrova, si divide un passato lontano ma non estraneo. Ma non solo. C'è dentro un'idea più autentica, più colloquiale della storia d'Italia che mescola sentimenti privati e cambiamenti storici, un tempo senza tempo che non passa mai. Sono vite di uomini non illustri, come tutti. Forse è vero che si possiede solo ciò che si è vissuto.

Non è nostalgia. Gli anni '50 stanno diventando un simbolo, un modello e una speranza.

Il ragionamento è abbastanza semplice. Come hanno fatto i nostri padri e i nostri nonni a ricostruire un paese in macerie e straziato dalla guerra? Non c'erano solo i soldi del Piano Marshall. C'è stato anche coraggio e libera iniziativa.

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