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Altra strage in mare: fra morti e dispersi naufraga pure Alfano

Già ripescati 14 corpi, in centinaia mancano all'appello. Contavano di essere salvati dalle navi di "Mare Nostrum"

Altra strage in mare: fra morti e dispersi naufraga pure Alfano

Il mare siciliano accoglie nuovi morti. È l'ennesima tragedia dei viaggi della speranza. Il barcone su cui viaggiavano circa 400 immigrati è naufragato ieri a un centinaio di miglia a Sud di Lampedusa. Sono 14 i corpi senza vita recuperati dalla Marina militare, dalla Capitaneria di porto, dalla Guardia di Finanza, impegnate nell'operazione Mare Nostrum, e dagli equipaggi di mercantili dirottati in quelle acque proprio per coadiuvare le operazioni di soccorso. Così sono stati salvati 200 immigrati, ma il numero dei dispersi fa presagire un bilancio di sangue terribile. Di fronte al quale il ministro dell'Interno Angelino Alfano naufraga tra i morti con una dichiarazione d'impotenza: «L'Europa non ci sta aiutando. Si faccia carico di accogliere i vivi». Appena la settimana scorsa, il ministro della Difesa Roberta Pinotti si era vantata delle vite salvate dalla missione Mare Nostrum, dimenticando l'effetto di stimolo alle partenze dalla Libia che era stato ampiamente previsto dai tecnici del Viminale. E infatti le navi della missione italiana sembrano non bastare più: a fianco ai salvataggi, si torna a raccogliere cadaveri in mare.

Torna in queste ore il ricordo della tragedia dello scorso ottobre, quando al largo di Lampedusa persero la vita quasi 400 immigrati. Soltanto qualche giorno prima ne erano morti 13 nelle acque di Montalbano, a pochi metri dalla battiglia del Pisciotto, in provincia di Ragusa. Ma non è necessario andare indietro nel tempo, perché anche martedì una carretta del mare con a bordo 130 persone è affondata al largo delle coste libiche, mietendo 40 morti, tra cui donne e bambini. Immane lo spiegamento di forze che hanno visto all'opera la fregata Grecale e il pattugliatore Sirio della Marina militare per prestare assistenza ai superstiti e recuperare le vittime di questa sciagura. Soltanto qualche giorno fa un giovane eritreo, di appena 25 anni, è giunto cadavere al Porto di Pozzallo, ucciso da un colpo di bastone sferrato in testa da uno dei carcerieri libici prima della partenza, e poi calpestato durante l'imbarco dai compagni di sventura, costretti, tra l'altro, a sedersi su di lui per mancanza di spazio.

«Siamo stati informati dai componenti dell'organizzazione che, a un certo punto, tramite un telefono satellitare, sarebbero stati chiamati i soccorsi. D'altra parte, la nostra imbarcazione non era idonea a una traversata fino all'Italia». La testimonianza rilasciata alla Squadra mobile di Ragusa e alla sezione operativa navale della Guardia di finanza di Pozzallo da un immigrato siriano giunto al porto di Pozzallo dà contezza della serenità con cui le consorterie criminali che stanno dietro alla tratta di esseri umani dalla Libia all'Italia organizzano i viaggi. Non si curano neanche della stabilità del natante, perché a un certo punto la carretta sarà soccorsa. «Sul barcone non c'era cibo. Abbiamo dovuto attendere i soccorsi per sfamarci».

I centri di accoglienza siciliani sono al collasso. Persino alcune palestre sono occupate dagli immigrati e diversi privati hanno stipulato una convenzione per accoglierli. Se l'Europa non applicherà misure tali da fare comprendere di avere recepito che il problema non è soltanto italiano, le partenze dalla Libia non si arresteranno. Il bel tempo, anzi, le incoraggerà. Del resto dietro ogni singola traversata c'è un giro d'affari impressionante. Quella del 9 maggio a Pozzallo è fruttata all'organizzazione 450mila dollari per 233 immigrati.

Il ministro di Tripoli ha chiesto aiuto alla Ue per contrastare la mafia dell'immigrazione irregolare, paventando di favorire le partenze se non ci sarà collaborazione.

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