
Come si comporterà il Papa americano con la Cina comunista? Una delle critiche al pontificato di Francesco è stata proprio quella di aver adottato una politica troppo arrendevole con Pechino nonostante le forti restrizioni alla libertà religiosa. L'accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi, inoltre, ha deteriorato i rapporti della Santa Sede con l'America di Trump nel primo mandato e potrebbe essere stato decisivo anche durante il conclave per la mancata elezione dell'uomo che più se n'è occupato, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin.
Primi passi
Il contestato accordo durerà fino al 2028 e Leone XIV non ha dato l'impressione di volerlo abrogare. Il corrente è stato un mese importante nei rapporti sino-vaticani perché il Papa ha soppresso le diocesi di Xuanhua e Xiwanzi - erette nel 1946 da Pio XII e non riconosciute dal governo cinese - erigendo al loro posto quella di Zhangjiakou come richiesto da Pechino. Leone ha messo a capo della nuova diocesi Giuseppe Wang Zhengui contestualmente ordinato vescovo in conformità dell'accordo provvisorio.
Il vescovo contro il regime
La nuova diocesi e il nuovo vescovo rientrano in quella provincia di Hebei dove c'è una forte vitalità del cattolicesimo e resistono i gruppi della cosiddetta Chiesa "clandestina" che vuole obbedire solo al Papa e non anche al partito comunista cinese. Tra i suoi esponenti c'è monsignor Agostino Cui Tai che reggeva la diocesi soppressa di Xuanhua e che più volte è stato arrestato o messo ai domiciliari dal regime per la sua indisponibilità a collaborare con le autorità civili. Il 12 settembre la Santa Sede ha fatto sapere che è stata "riconosciuta civilmente anche la dignità episcopale" di Cui Tai. Forse per questo era circolata nelle scorse settimane una voce di una sua presunta adesione all'Associazione patriottica cattolica cinese. Adesione, però, che viene nettamente smentita da persone vicine al vescovo emerito di Xuanhua.
Nuovi divieti
Nonostante la continuazione della politica sulla nomina dei vescovi, le cose non sembrano migliorare sul fronte della libertà religiosa. Di questa settimana, infatti, è la notizia che l'amministrazione statale per gli affari religiosi ha emanato un nuovo codice di condotta per le attività del clero su internet. Il codice vieta ai religiosi attività di evangelizzazione e di educazione dei minori sul web. Inoltre, non potranno raccogliere fondi per costruire luoghi di culto. Regole rigide per chi vuole operare nel mondo virtuale: per stare sui social occorre fornire un certificato di appartenenza all'ordine religioso. Obbligatorio il sostegno al sistema comunista e alla leadership del partito comunista. Niente riti religiosi su piattaforme diverse da quelle prestabilite. Insomma, la Cina comunista teme le potenzialità del web per la diffusione del Vangelo e ha stabilito un codice molto restrittivo.
Le parole di Leone
Le nuove norme arrivano a ridosso delle dichiarazioni rilasciate da Leone XIV nella sua prima intervista. Il nuovo Papa ha detto chiaramente di rispettare "quel significativo gruppo di cattolici cinesi che per molti anni hanno vissuto una sorta di oppressione o di difficoltà nel praticare liberamente la propria fede" segnando un cambio di passo col suo predecessore che amava ripetere l'invito ai cattolici cinesi ad essere "buoni cittadini" come auspicato dalle autorità civili.
Appare significativo il fatto che Prevost abbia detto di voler continuare "la linea che la Santa Sede ha seguito ormai da alcuni anni, e che è stata portata avanti anche da diversi miei predecessori" ma specificando "a breve termine". Il Papa americano si rende perfettamente conto che quella cinese è "una situazione molto difficile".