Anche ad Aosta scoppia Rimborsopoli

Il gruppo Pd della Vallée avrebbe speso 17mila euro per finanziare "la festa della Calabria" e l'acquisto di una capra

Dalla mappa della vergogna ne rimanevano fuori poche. Giusto sette regioni su venti. Da oggi ne va aggiunta un'altra. Anche la limpida Valle d'Aosta ha finito col macchiarsi con l'onta dilagante in tutta la Penisola: i rimborsi coi soldi pubblici. Fondi destinati ai partiti coi quali si sono pagati di tutto: mutande, sigarette, pecore, aerei di carta, caramelle, corni d'avorio, campanacci, Barbie, aperitivi, serate in disco, mazze da golf, caldaie e anche le tasse suoi rifiuti. Il primato apparteneva a Lazio, Sicilia, Campania, Liguria, Emilia e Piemonte. Ma adesso entra in torneo pure la Valle d'Aosta. Con grande diligenza, così come vorrebbe il loro trasparente segretario, il gruppo Pd del consiglio regionale ha caricato sul sito i bilanci con entrate e uscite. Oltre a cene e pranzi, che non fanno più notizia, rientra fra le politiche democratiche anche la Festa della Calabria (che com'è chiaro si celebra ad Aosta), compresa «la cena della capra», che viene finanziata con 17mila euro dei soldi pubblici. Sempre in favore della festa c'è una spesa per «acquisto capra Festa Calabria». Così c'è scritto. E 2.640 euro per l'ospitalità in un residence di un gruppo ospite arrivato apposta per la festa. Dal 2012 il gruppo incassa più di 5mila euro ogni mese. Ci sono bonifici al Pd di Torino (circa 500 euro) e finanziamenti per il torneo di Belote e per la festa del quartiere Dora, nonché un assegno a favore della Publikompass per l'«inserzione pubblicitaria campagna Pd», di oltre settemila euro. Il gruppo ha poi acquistato, per 1.001 euro, un motorino Peugeot per la festa democratica di Morgex. E ancora un rimborso spese di 256,75 euro ad una persona estranea al gruppo per la festa di Chamois, e assegni per l'acquisto di panettoni e bottiglie (250 euro), per un regalo di nozze (300 euro), per premi e cornici in occasione della festa del Travail (circa 600 euro), per l'acquisto di stelle di Natale (370 euro) e per il premio Mimosa (circa 1.400 euro). In bilancio anche generici «rimborsi spese» da 500 euro a 800 euro a favore di tre consiglieri ai quali vengono pagati anche non meglio precisati «contributi previdenziali» per 20mila euro. In più, come in Piemonte, pare che diversi consiglieri, sebbene residenti in comuni fuori Aosta ma di fatto domiciliati in città, si facciano rimborsare le spese chilometriche per la partecipazione alle sedute.

Sugli altri fronti continuano le bordate. È di ieri la notizia che vede indagato a Firenze per truffa ai danni di un'assicurazione e per «doppi rimborsi» per missioni il senatore Lucio Barani (Gruppo Grandi Autonomie e Libertà) per sospette attività di quando era sindaco di Villafranca in Lunigiana dal 2004 al 2009. Le accuse riguarderebbero 3mila euro ricevuti dall'assicurazione per un incidente domestico falso e rimborsi non dovuti ricevuti dal Comune di Villafranca per trasferte e missioni compiute quando Barani era già parlamentare. Per non parlare del Lazio. Il caso Fiorito non è servito a cambiare. Da due mesi i consiglieri grillini della Regione Lazio, alla richiesta di conoscere l'elenco dei vitalizi, si sono sentiti opporre addirittura ragioni di privacy. Ma ora ce l'hanno fatta ed è venuto fuori che nel dicembre 2013 sono stati pagati 266 assegni: ben 49 in più rispetto a quelli di tre anni prima per una spesa di un milione 635.917 euro. Il che significa 19 milioni 631.004 euro in un anno. Ovvero un terzo dell'intero bilancio regionale. Quell'elenco dimostra che nulla, dopo «Er Batman», è cambiato, nemmeno per coloro che facevano parte del Consiglio regionale capace di bruciare in un anno 14 milioni di denari pubblici per spese personali folli. Nel 2012, infatti, è bastato un piccolo emendamento bipartisan per far saltare la norma del decreto Monti che avrebbe inibito il vitalizio prima dei 66 anni di età e con meno di dieci anni di mandato. Il risultato è che ancora adesso nel Lazio c'è chi incassa l'assegno con le vecchie regole a cinquant'anni, e con una sola legislatura. Durata, per giunta, meno di tre anni.

Poi c'è la Sicilia dove, fatti due conti, un terzo dei deputati regionali è sotto inchiesta: sono 31, su 90, quelli coinvolti nell'indagine sulle spese pazze dei gruppi parlamentari, gli altri 53 politici indagati sono ex onorevoli non rieletti in questa legislatura. Poi ci sono altre 13 persone tra dipendenti cosiddetti «stabilizzati» dell'Ars e consulenti. «Chi tû dicu a fari?».

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