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Da Andreotti a Berlusconi I 101 politici nel tritacarne per il reato che non c’è

Da Andreotti a Lombardo, dal giudice Carnevale a Contrada: ecco tutti i politici sotto processo per anni per concorso esterno in associazione mafiosa

Da Andreotti a Berlusconi I 101 politici nel tritacarne  per il reato che non c’è

Il «virus giudiziario» creato in laboratorio ne ha fatti di danni. Nell’ultimo quarto di secolo, il concorso esterno in associazione mafiosa, un reato che «non esiste» (Giuliano Pisapia, novembre 1996), è servito solo a stroncare carriere e isolare uomini politici (Emanuele Macaluso, giugno 2000). Percentualmente più nel centrodestra, ma anche a sinistra non mancano casi eclatanti.
Quelli censiti sono 101, ma la lista è interminabile.

Tra i big Giulio Andreotti, Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri, Calogero Mannino, Antonio Gava (pure risarcito per ingiusta detenzione), Carmelo Conte, Nicola Cosentino, Corrado Carnevale, Bruno Contrada, Mario Mori e decine e decine di altri sono passati per le forche caudine di una legge «bastarda» da cui sembra quasi impossibile sfuggire. E dentro ci sono caduti tutti: politici, giudici, magistrati, prefetti, sbirri. Qualche esempio: oltre al Cavaliere c’è la nota vicenda del Divo Giulio a cui è andata pure peggio: a processo addirittura per associazione mafiosa, dopo l’iniziale contestazione di concorrente esterno. Com’è finita, lo sanno tutti. Un altro dc: Calogero Mannino. Sbattuto in galera e, dopo un tira e molla tra appello e Cassazione, arriva la sentenza che lo scagiona. Un verdetto che fa scuola sul tema dei rapporti tra politica e mafia. Totò Cuffaro è invece in galera per favoreggiamento aggravato, dopo una condanna a sette anni, anche se l’iniziale accusa di concorso esterno è caduta.
E don Antonio Gava? Dopo 12 anni di processi, i giudici ammettono: i pentiti Alfieri e Galasso hanno detto il falso. Idem per Carmelo Conte, ex potente ministro socialista delle Aree urbane. Il suo compagno di partito, Giuseppe Demitry, ex sottosegretario negli anni Ottanta e Novanta, s’è visto annullare senza rinvio la condanna dalla Cassazione solo nel 2003. Incappati incidentalmente nel concorso esterno anche l’ex senatore Pietro Fuda e Nino Strano.

La lista delle assoluzioni e dei proscioglimenti è infinita: l’ex sottosegretario Santino Pagano, l’ex leader del Garofano Giacomo Mancini, l’ex presidente della Calabria Agazio Loiero, l’ex europarlamentare Francesco Musotto, Pino Giammarinaro, David Costa, Filiberto Scalone, Gaspare Giudice, l’ex sottosegretario alla Giustizia Salvatore Frasca, Sisinio Zito, Paolo Del Mese, l’ex sindaco di Pignataro Maggiore Giorgio Magliocca, il senatore Pdl Sergio De Gregorio, gli ex deputati regionali siciliani Nino Dina, Salvatore Cintola, Nino Amendolia, l’ex vicepresidente della Sicilia Bartolo Pellegrino. Peggio è andata al defunto ex senatore Francesco Patriarca (9 anni), a Gianfranco Occhipinti (4 anni), a Franz Gorgone (7 anni, è in carcere), a Giancarlo Cito (4 anni), a Roberto Conte (4 anni) e a Vincenzo Inzerillo (5 anni e 4 mesi) e tantissimi altri consiglieri comunali, provinciali, regionali.

Posti in piedi nell’affollato limbo dove si aggirano quelli ancora indagati: si va dall’ex ministro Saverio Romano all’ex sottosegretario Nicola Cosentino, al governatore della Sicilia Raffaele Lombardo (con fratello), al senatore Antonio D’Alì (caso folle, più unico che raro: dopo ben due richieste di archiviazione i pm hanno cambiato idea, chiedendo il rinvio a giudizio!), all’avvocato Nino Mormino (storico difensore di Marcello Dell’Utri, già archiviato nel 1995), all’ex assessore comunale di Palermo Mimmo Miceli (che attende un nuovo processo d’Appello). Che dire, poi, del presidente del Senato Renato Schifani indagato secondo il settimanale l’Espresso ma non per la procura di Palermo che ha smentito l’iscrizione sul registro degli indagati. E, nel mare magnum del reato che non esiste, finirono nel 1994 pure Vittorio Sgarbi e Tiziana Maiolo – all’epoca deputati – prosciolti in un’inchiesta partita dalle sballate dichiarazioni del pentito ’ndranghetista Franco Pino.

A finire nel tritacarne, molto spesso, sono state anche le toghe: di Corrado Carnevale si sa di tutto e di più. Il giudice ammazza-sentenze s’è ripreso la sua personale rivincita dopo un decennio di fango. Ma chi ricorda Ciro Demma, Giuseppe Prinzivalli, Pasquale Barreca, Carlo Aiello, Mario Pappa, Giacomo Foti, Antonio Pelaggi, Giovanni Lembo? Tutta gente indagata e, in alcuni casi, finanche arrestata per concorso esterno. Pure il pm di Brescia Fabio Salamone, l’anti-Di Pietro, si ritrovò tra le mani un avviso di garanzia per lo stesso genere di accuse.

E che dire degli sbirri e dei carabinieri che, dopo aver lottato contro la Piovra, come ricompensa si sono ritrovati alla sbarra?
La bastonata più dura è andata a un poliziotto esemplare come Bruno Contrada in tandem con quel galantuomo di vicequestore di Ignazio D’Antone. Condannato il primo sulla base delle parole (mai, dicasi mai, riscontrate) dei pentiti, detenuto a lungo il secondo a Santa Maria Capua Vetere. Ci sono poi Mario Mori e l’ex capo del Ros Antonio Subranni.

Ai tempi fu processato e assolto il tenente Carmelo Canale, collaboratore di Borsellino, cognato del maresciallo Lombardo morto suicida per le vigliacche e false insinuazioni sul suo conto mentre stava per riportare in Italia il boss Badalamenti. Le eccellenze dell’Arma dei carabinieri sotto processo come i mafiosi cui davano la caccia. E tutto per un reato autonomo, a cui non crede più nessuno (pg Francesco Iacoviello, marzo 2011). Va detto che il concorso esterno è stato contestato anche a Massimo Ciancimino, figlio di Vito, l’ex sindaco mafioso di Palermo jr.

Il che è tutto dire.

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