Anni '70 da charme, la magia veste Prada

Gli anni Settanta possono essere un fastidioso flashback, ma non per la magica collezione di Miuccia Prada che ancora una volta ha mostrato la sua straordinaria abilità di collocarsi sul registro delle emozioni e non su quello, pericoloso, della nostalgia.
«In quel periodo c'è stato l'ultimo dibattito politico di un certo spessore sia in Germania sia in Europa e questo mi ha dato spunti interessanti per il mio lavoro» spiegava infatti prima del défilé la grande signora dello stile mettendo in moto quella sua capacità di dire tutto senza rivelare nulla. Pina Bausch, il linguaggio del corpo e il gesto teatrale, la filmografia di Fassbinder - un pullover cita il film «Le lacrime amare di Petra von Kant» con una strepitosa Hanna Schygulla - la voce struggente di Barbara Sukova che cantava dal vivo, la musica suonata da un'orchestra con i fiati della tradizione verdiana, i violini elettronici e Kurt Weil: tutto durante la sfilata rischiava di scartavetrarti l'anima se non ci fosse stata quella mediazione intellettuale grazie alla quale i vestiti, alla fine, sono vestiti.
E questa volta sono sublimi.
C'è qualcosa di severo nelle guarnizioni e nei decori fatti con il montone, un pelo povero. Ma c'è anche un lato divertente e glamourous nella pelliccia di kidassia rossa portata al posto dell'abito. C'è qualcosa di sontuoso nelle vibrazioni dei rossi e un touch borghese nei disegni stile tappezzeria degli abiti in satin. C'è l'inquietudine dei nostri giorni nella ruvida suola decorata delle scarpe e un tocco sontuoso nei profili di pelle oro e argento. Ben 52 uscite, una più indimenticabile dell'altra. C'è da dire, comunque, che alle giovani ignare di quell'epoca e dello charme che esercitavano donne come Marianne Faithfull o Anita Pallenberg, piace riscoprire lo spirito bohemien di abiti lunghi e leggeri in chiffon fil coupé e lurex, dei vestitini corti e neri profilati d'oro o midi in velluto dévoré a grandi disegni cashmere. «Il fascino sta nell'eleganza intrinseca delle ragazze» spiegava Anna Molinari prima di far sfilare la deliziosa collezione Blugirl su modelle giovani e fresche, capelli lunghi e piccole rose chocker allacciate con un nastrino di velluto. Indubbiamente il meglio, quando si parla di moda, scaturisce dalle emozioni. Come si toccano certi vertici di sensibilità chiediamo a Ennio Capasa di Costume National, tra i nostri stilisti più concettuali? «L'emozione sta nel cambiamento, talvolta in un colore altre in una forma o in un tessuto. È compito dei designer suscitare emozioni intense» diceva mandando in scena al Palazzo della Triennale accanto a un'installazione dell'artista Bastiaan Arier, una donna definita cool ma allo stesso tempo rilassata. E ha emozionato con le giacche tagliate al vivo, i cappotti couture con collo di eco pelliccia, i fulminanti mini dress rosso vivo oppure viola, un bellissimo abito smoking con fascia di raso sulla pelle nuda. Emozionare è anche è rimanere connessi con le consumatrici per intercettarne i desideri. «Io verifico su Instagram quali sono le cose che piacciono di più» sottolineava Roberto Cavalli che per la linea Just ha preso a piene mani dall'immenso patrimonio artistico rinascimentale gli stilemi per creare stampe animalier realizzate a mano sovrapponendo fino a sette pennellate di diversi colori su abiti, felpe, giacche e pantaloni decorati spesso con frange e tagliati al vivo. Irresistibile il cappottino in cammello color lime con passaporto per ogni grande metropoli del mondo.

Certo, più che ai passati decenni - sei di lavoro e quasi nove di vita - Mariuccia Mandelli in arte Krizia deve pensare al futuro della sua azienda. Si dice infatti che tutto sia già stato ceduto a un gruppo cinese e che questa di ieri sia stata l'ultima sfilata firmata dall'indimenticabile stilista che ha fatto parte del gruppo dei pionieri del made in Italy.

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