Roma - Arriva di buon mattino il tweet di Enrico Letta: «Non faremo passi indietro sull'abolizione del finanziamento pubblico partiti», assicura il premier. «Il ddl che abbiamo presentato è una buona riforma. Perché bloccarlo?». Un segnale d'allarme, un modo per spingere i partiti (anche e soprattutto il suo, il Pd) ad accelerare il lavoro, liberando la strada dalla massa di emendamenti contrastanti che si sono affastellati in Commissione affari costituzionali, dove il provvedimento è per ora parcheggiato.
Letta insiste e preme, lasciando intendere che in caso di ostruzionismo occulto da parte dei partiti l'esecutivo è pronto ad usare le maniere forti e a varare un decreto. Ma nei gruppi parlamentari e nello stesso governo c'è ben poco ottimismo sulla possibilità di accorciare i tempi. Anzi: ormai si dà praticamente per scontato che, prima della pausa estiva, non si riuscirà a quagliare nulla, e che difficilmente il testo del disegno di legge approderà almeno nell'aula di Montecitorio. Anche perché nella stessa Commissione, fanno notare dalla maggioranza, è in esame anche il ddl costituzionale sulle riforme, che non può slittare.
Sulla valanga di emendamenti dei partiti (oltre 150) non si è trovato per il momento alcun accordo. Da destra e da sinistra, i partiti avvertono che, se passa il ddl, dovranno chiudere baracca e burattini e licenziare i dipendenti: «Il prossimo segretario Pd sarà un commissario liquidatore», avvertono al Nazareno. C'è chi ci mette la faccia, come l'ex tesoriere Ds Ugo Sposetti, fieramente contrario all'abolizione, che promette: «Farò molti proseliti, vedrete». E c'è chi, nel Pd, accusa il governo e il premier di usare l'argomento popolare del finanziamento pubblico per distrarre l'attenzione da altri problemi politici: «Nei momento di difficoltà di governo ci si grillizza e si utilizza l'argomento del finanziamento pubblico contro un indistinto partitismo», denuncia Matteo Orfini. Una palese frecciata a Letta, che secondo un altro esponente Pd «sta cercando di togliere a Matteo Renzi la bandierina del finanziamento pubblico, per timore che quello torni ad usare l'argomento contro il governo».
Dopo il monito del premier, che oggi incontrerà il gruppo parlamentare Pd e ne vuole uscire con un via libera chiaro sulla questione, l'ufficio di presidenza dei deputati democrat si è riunito per affermare solennemente che «per quanto ci riguarda non deve esserci alcun rallentamento, la abolizione del finanziamento deve andare in aula prima dell'estate, senza stravolgimenti», come dice il vicepresidente Andrea Martella. Ma la verità è che il gruppo Pd è diviso al suo interno e rischia di andare in ordine sparso sugli emendamenti (sono oltre 150): «Il Pd difficilmente sarà compatto in tutte le votazioni - spiega la renziana Boschi - noi ad esempio non voteremo mai la proposta di Bressa sul co-finanziamento, e non credo che alcune delle nostre modifiche saranno votate dagli altri». Per tentare di trovare intanto un accordo al proprio interno, ieri si sono riuniti i membri democrat della Commissione, per cercare di scremare gli emendamenti. «Non perderemo un minuto», giura Davide Zoggia, confidando di «non disperare di trovare un'intesa, oltre che al nostro interno, anche con gli altri».
Perché le resistenze anti-abolizione sono molto forti anche in casa Pdl: «Il ddl è ipocrita e pieno di sciocchezze», denuncia il tesoriere Bianconi. E a far da sponda a Letta, a destra, è Daniela Santanchè: «L'abolizione è un punto qualificante del nostro programma, nessuno faccia scherzi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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