Roma - L’innalzamento della pressione fiscale è giunto «a livelli ormai non più compatibili con una crescita sostenuta». Nelle sue prime considerazioni finali all’assemblea di Bankitalia, il governatore Ignazio Visco lancia pochi messaggi al governo e alla politica, ma chiari. Uno di questi riguarda, appunto, le tasse troppo elevate: la pressione fiscale raggiungerà quest’anno il 49,2% del pil, il massimo storico, e nel 2013 aumenterà ancora toccando un incredibile 49,5%. Questo significa che, al netto dell’evasione, il fisco si mangia la metà di quanto l’intero Paese produce in un anno. «L’inasprimento non può che essere temporaneo», avverte il governatore ricordando che ora la sfida si sposta ai tagli di spesa. Visco non menziona la spending review, ma fa sapere attraverso i suoi collaboratori di considerarla «cruciale». Se ispirati a criteri di equità, osserva il governatore, i tagli non comprometteranno la crescita, «ma potranno concorrere a stimolarla, se volti a rimuovere le inefficienze dell’amministrazione pubblica».
L’azione del governo (o meglio, degli ultimi due governi) sul fronte della finanza pubblica ha prodotto, conferma Visco, buoni effetti sui conti: quest’anno il deficit sarà al di sotto del 3% - il governo confida nell’1,7% - e l’anno prossimo il bilancio sarà vicino al pareggio. Il saldo primario è in crescente avanzo, la spesa diversa dagli interessi sul debito pubblico è in calo da ormai due anni. Bankitalia ritiene tuttavia - ma lo si legge solo sul «librone» che contiene la relazione annuale - che «i risultati del primo quadrimestre richiedono di monitorare con attenzione i conti pubblici nei prossimi mesi».
La crescita dell’economia è rimandata al futuro. In questo 2012 che si prefigura come un vero e proprio annus horribilis, non ne vedremo. Bankitalia parla di un pil che si contrae dell’1,5% e ipotizza, in uno sforzo davvero notevole di ottimismo, una ripresa che potrebbe «affiorare verso la fine dell’anno» a due condizioni: l’efficacia delle riforme strutturali, e una decisa e chiara coesione mostrata dall’Europa. È evidente, alla lettura delle considerazioni, che Visco considera essenziale il ruolo dell’Unione europea nella soluzione dei problemi nazionali, che siano economici, di finanza pubblica, bancari.
Agli imprenditori, Visco chiede uno «sforzo finanziario aggiuntivo» perché rafforzino il capitale delle loro aziende. Un invito che il neo presidente della Confindustria Giorgio Squinzi accoglie, «purché ci siano le condizioni per farlo». Al sistema bancario, il governatore riconosce il merito di continuare a finanziare imprese e famiglie, per un ammontare complessivo del 125% del pil. Stranamente, Visco non parla di lavoro, se non per ricordare che il tasso di disoccupazione è salito a quasi il 10%, e al 36% fra i giovani con meno di 25 anni, né di welfare o di pensioni. Un’omissione criticata dal segretario della Cgil Susanna Camusso.
La situazione resta tutt’altro che facile, e l’andamento dei mercati finanziari la peggiora. Nel 2011 sono volati via dall’Italia circa 73 miliardi di euro, spostati dagli investitori esteri verso altri Paesi. Le vendite dall’estero sono proseguite anche nei primi mesi del 2012, e a riequilibrare la bilancia sono state le nostre banche, che hanno acquistato titoli pubblici per 70 miliardi. Il percorso per uscire da questa crisi «non sarà breve», e i costi potranno essere sopportabili soltanto «se ripartiti equamente e con una meta chiara».
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