La bella vita dei giudici al Tar meno lavoro e più compensi

Strana spending review: decidono di ridurre i ricorsi assegnati a ogni toga e premiano con un bonus chi tiene udienze extra

La bella vita dei giudici al Tar meno lavoro e più compensi

I magistrati amministrativi, si sa, non sono degli stakanovisti. C'è chi confessa di lavorare abitualmente 4 o 5 giorni al mese. Ma in tempi di crisi, di spending review e di tagli ovunque, proprio quando il premier Matteo Renzi li tiene nel mirino per i doppi incarichi, loro hanno pensato bene di aumentarsi lo stipendio, moderando anche il carico di lavoro. Circa 2 udienze al mese.

Il meccanismo è questo: prima una delibera, adeguatamente non pubblicizzata, ha deciso di ridurre i ricorsi assegnati a ogni magistrato del Tar da 126 all'anno a un massimo di 108, mentre per il Consiglio di Stato da 147 sono scesi a 121.

Alleggerito così lo standard, si è poi previsto un incentivo economico per i volenterosi che volessero contribuire a smaltire l'arretrato di ricorsi pendenti. E sì, perché malgrado questi ritmi non certo forsennati si sono accumulate circa 322 mila vecchie cause. Ed ecco la ciliegina: per chi svolge udienze aggiuntive c'è un premio extra di 1.300 euro lordi per ognuna, con un tetto massimo di 6 udienze l'anno.

Come dire che, lavorando (poco) come prima, ogni magistrato che ha già un signor stipendio attorno ai 130mila euro lordi l'anno, ne può guadagnare in più 7.800, cioè circa 4 mila netti: una specie di straordinario virtuale pagato dal contribuente.

A decidere tutto questo è stato il Consiglio della giustizia amministrativa, cioè il Csm di questa speciale magistratura spesso indicata come la casta della casta in toga.

Eppure, con quanto offeso vigore i vertici di Palazzo Spada hanno respinto accuse e polemiche divampate, ad esempio, dopo la sentenza del Tar che ha annullato le elezioni regionali piemontesi, dopo ben 4 anni. Ritardi? Macché! Fannulloni? Giammai!

Ecco, alla recente inaugurazione dell'anno giudiziario il presidente del Consiglio di Stato, Giorgio Giovannini, ha piuttosto vantato una messe di successi. L'arretrato negli ultimi 5 anni si è più che dimezzato, i ritmi di lavoro sarebbero sugli standard europei. La giustizia amministrativa non può essere considerata un freno allo sviluppo. Trend 2013 positivo, con i giudizi definiti che sono quasi il doppio dei nuovi ricorsi, 114.592 contro 64.483, e in calo i ricorsi d'appello: solo l'8 per cento delle sentenze dei Tar impugnato l'anno scorso.

Insomma, respinte al mittente le tante critiche sulla giustizia amministrativa che siede in tutte le stanze del Palazzo e interviene in ogni campo, dalla politica all'economia, dalla salute alla religione, bloccando qualsiasi decisione, ingarbugliando ancor più i meccanismi della pubblica amministrazione e della burocrazia, allontanando ogni certezza su appalti, contratti e concorsi, ritardando di anni il momento della verità, semmai arriva.

Giovannini ha annunciato che il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa sta lavorando a importanti provvedimenti, dai nuovi criteri per gli incarichi esterni dei magistrati alle norme disciplinari, dalle disposizioni sui tirocini dei giovani laureati al sistema informatico.

Tutto bene.

Ma che dire della delibera che obbliga i presidenti dei collegi giudicanti ad assegnare ai colleghi un numero di ricorsi ancora inferiore rispetto a quello già minimo, quasi ridicolo, previsto finora? E soprattutto: per far digerire meglio ai giudici amministrativi qualche udienza oltre quelle due al mese previste, c'era proprio bisogno di un lauto premio?

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