Belsito intercettato: "Mi sparo in bocca"

Lo sfogo choc dell’ex tesoriere leghista dopo lo scandalo Tanzania. E Maroni "arruola" Tremonti: "Contributo prezioso"

Belsito intercettato: "Mi sparo in bocca"

La Lega ha mandato al diavolo lui, espellendolo dal partito. Ma ben prima che la bomba giudiziaria che ha ridisegnato il Carroccio esplodesse, quando sugli investimenti lumbard in Tanzania era solo polemica politica, Francesco Belsito, l’ex tesoriere finito nella bufera per la gestione dei fondi, voleva mandare al diavolo la Lega. Anzi, di più, meditava un gesto plateale: «Gli scrivo una lettera: “vaff... tutti quanti”... e poi mi sparo in bocca».
C’è anche questo passaggio choc nel mare magnum di conversazioni convulse tra l’ex cassiere e Nadia Dagrada, l’amica dirigente amministrativo del Carroccio che gli suggeriva di parlare a viso aperto col «Capo», Umberto Bossi, ricordandogli il denaro del partito speso per la sua famiglia. A pubblicare l’intercettazione, che risale alla fine di febbraio, Il Secolo XIX, lo stesso quotidiano genovese che, svelando gli strani investimenti in Africa del Carroccio, ha dato il «la» alla bufera su Belsito culminata nell’inchiesta, anzi nelle inchieste visto che, oltre le iniziali procure di Milano, Napoli e Reggio Calabria, hanno aperto fascicoli sul denaro della Lega anche Bologna, Reggio Emilia. E Genova, la città di Belsito, che vuole scavare anche sui rapporti tra l’ex sottosegretario e alcuni esponenti delle forze dell’ordine, in particolare un poliziotto.
Appare spaventato, Belsito, per quel che sta accadendo, in questa intercettazione. Gli articoli che alzano il velo sui suoi affari, l’inchiesta sui soldi del Carroccio finiti in Tanzania, sono il segno che il cerchio intorno a lui si sta stringendo. E questo lo terrorizza. E lo fa infuriare: «Grazie alla Lega – si sfoga al telefono con la Dagrada – adesso sono andato nella merda! Tutto il resto lo metto a posto, ma se parlo di Francesco Belsito a livello personale, adesso, i debiti che devo affrontare...come faccio? Me li presta il partito?». Il tesoriere si sente braccato e chiede aiuto. Anche perché dice di dover dare, annotano gli inquirenti, 600mila euro all’imprenditore (anche lui indagato) Stefano Bonet, e non sa dove andarli a pescare: «Mi devi dare una mano – è l’appello di Belsito alla Dagrada – sennò mi succede un casino...mi succede una disgrazia, poi mi sparo in bocca, vaff...mi suicido e faccio prima...gli scrivo una lettera, vaff...tutti quanti». Non solo. Dall’intercettazione emergerebbe anche il tentativo di proteggersi di Belsito. Sembra infatti che avesse intenzione di rivolgersi a un avvocato per valutare a chi attribuire i danni. Quei danni che la nuova Lega dei triumviri pensa di chiedere a lui e agli altri eventuali indagati costituendosi parte civile. Al di là dei propositi autolesionisti, l’interesse dei pm è proprio questo: nell’intercettazione Belsito sembra fare riferimento ad «altri» che sono a conoscenza di come lui gestisce la cassa della Lega. Una circostanza che l’ex tesoriere dovrà chiarire quando i pm - lui si è detto pronto a sottoporsi ad interrogatorio - lo convocheranno.
Una circostanza a cui non crede, almeno per quanto riguarda Umberto Bossi, l’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni. Che ieri in una lunga intervista al Corriere della Sera ha difeso a spada tratta il Senatùr: «Lo conosco da oltre 30 anni, non è mai stato legato ai soldi, ha sempre anteposto la Lega alla famiglia. Mi pare impossibile che fosse consapevole di quanto accadeva». Sguardo critico al passato, da Maroni. Ma occhi puntati al futuro. L’ex ministro strizza l’occhio all’ex collega ministro, Giulio Tremonti: «Rapporti freddi, con lui», ammette. Ma aggiunge: «Lo stimo molto, ha spunti geniali, nella fase di progettazione che ci attende il suo contributo sarebbe prezioso». Un’apertura a sorpresa, quella di Bobo. Perché l’ex divo Giulio, più che amico suo, è amico del Senatùr, che avrebbe anche voluto dargli la tessera del Carroccio, progetto poi sfumato per il malcontento di tanti lumbard, di peso e non. E perché, quando erano insieme a Palazzo Chigi, i due superministri, dell’Interno e dell’Economia, erano l’un contro l’altro armati, come eventuali premier al posto del Cavaliere. Poi è andata diversamente. Al governo è arrivato Monti, la Lega è passata all’opposizione.

E il Maroni del nuovo corso della Lega adesso vuol rimettere in pista Tremonti. Le grandi manovre in vista del congresso di fine giugno che designerà il primo segretario federale dopo l’era Bossi, fanno anche questo miracolo.

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