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Berlusconi ai democratici: se decado cade il governo

Il Cavaliere: "Sarebbe disdicevole se il governo cadesse, ma naturalmente non siamo disponibili a mandare avanti un governo se la sinistra dovesse intervenire su di me, sul leader del Pdl, impedendogli di fare politica". E oggi il leader del Pdl firma i referendum

Berlusconi ai democratici: se decado cade il governo

Chi l'ha visto rientrare a Palazzo Grazioli appena arrivato da Arcore giovedì a tarda sera lo racconta per nulla di buon umore. E anche chi ha avuto occasione di vederlo ieri mattina, durante la lunga sequela di riunioni che si sono susseguite a Roma l'ha trovato serio e riflessivo. Un Silvio Berlusconi che a molti dei suoi interlocutori è sembrato sul punto di prendere finalmente una decisione sulla strategia da seguire se e quando il Pd voterà la sua decadenza da senatore.

Ed è questo che sembra aver fatto il Cavaliere quando nel tardo pomeriggio si collega telefonicamente con Bassano del Grappa dove si tiene una riunione dell'Esercito di Silvio. L'ex premier è netto, durissimo come mai lo era stato prima. E dice senza mezzi termini che sì «sarebbe disdicevole se il governo cadesse» ma che non si può «mandare avanti l'esecutivo se la sinistra dovesse intervenire sul leader del Pdl impedendogli di fare politica». Insomma, se il 9 settembre il Pd vota la decadenza da senatore di Berlusconi la maggioranza non c'è più.

Un modo per mettere le cose in chiaro. Non solo con il premier Enrico Letta che nel pomeriggio continuava a ripetere che quella di Berlusconi è «una vicenda separata dal governo», ma soprattutto con Giorgio Napolitano. Che la tensione tra i due sia al livello di guardia da settimane non è infatti un mistero. Ma la nomina dei nuovi senatori a vita lo ha fatto andare su tutte le furie. Per il Cavaliere, infatti, quello del Quirinale è una vera e propria dichiarazione di guerra. Non tanto perché tra i quattro neanche uno è di area centrodestra (Gianni Letta era il nome più spendibile) ma piuttosto perché il Porcellum produce a Palazzo Madama maggioranze risicatissime. Di fatto, insomma, la scelta di Napolitano rischia di commissariare la volontà popolare che si forma al voto e far dipendere il Senato dai «nominati» dal Colle. Non a caso Berlusconi non ha trattenuto il suo disappunto durante le tante riunioni di Palazzo Grazioli: già governa la Corte Costituzionale - è stato il senso del suo ragionamento - e ora comanda anche al Senato...
Di qui la decisione di accelerare. E affondare il colpo in vista del voto della Giunta delle immunità in calendario il 9 settembre. Una decisione che i presenti a Palazzo Grazioli (Letta, Angelino Alfano, Renato Schifani, Renato Brunetta, Maurizio Gasparri, Fabrizio Cicchitto) avevano immaginato potesse arrivare, visto l'umore del Cavaliere.

«Vogliono togliermi di mezzo per via giudiziaria», dice l'ex premier durante il suo intervento con Bassano del Grappa nel quale annuncia che firmerà i sei referendum radicali sulla giustizia. «Allestiamo i gazebo e - dice - raccogliamo le 500mila firme necessarie, così da realizzare attraverso il voto popolare quella riforma della giustizia che ci hanno impedito in Parlamento». E già oggi a Roma Berlusconi potrebbe firmarli. Segno che l'incontro di ieri con Marco Pannella (presenti anche Letta e Alfano) ha portato i suoi frutti. Il leader radicale lo ha infatti invitato a «guidare la battaglia per la riforma della giustizia», magari anche «accettando le conseguenze della condanna» ed essere un nuovo Enzo Tortora. Berlusconi ha assicurato l'impegno del Pdl («già adesso, spiega il radicale Maurizio Turco, gente come Mariastella Gelmini o Raffaele Fitto stanno facendo il possibile per aiutarci») e ha chiesto tempo per pensarci.

Poi, passata qualche ora, ha deciso di sostenere e firmare i referendum.

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