Berlusconi apre ai gay: "Quella per i diritti civili è una battaglia di civiltà"

Il Cavaliere dice sì al confronto col governo sugli omosessuali. Malumori in Fi sul Senato, ma il leader avverte: avanti con le riforme

Berlusconi apre ai gay: "Quella per i diritti civili è una battaglia di civiltà"

Berlusconi apre ai gay e prova a placare la fronda interna sulle riforme, ma i maldipancia proseguono. Sul nuovo Senato già oggi si entra nel vivo con la discussione e i primi voti sugli emendamenti ma la vera battaglia ci sarà in Aula. Inizialmente era previsto che il testo arrivasse in assemblea il 3 luglio ma un gentleman agreement con il Pd concederà a Forza Italia qualche ora in più. Cruciale la riunione dei gruppi parlamentari, prevista proprio per giovedì 3. Facile pensare, quindi, che tutto slitterà alla settimana prossima. Berlusconi è intenzionato a dare il via libera alla riforme perché, ripete, «la gente non capirebbe il nostro no». Detto questo condivide le ragioni dei tanti malpancisti azzurri che si annidano più che altro a palazzo Madama perché, come ammette un big del partito «è logico che i senatori-tacchini non abbiano nessuna voglia di anticipare il Natale».

Anche a Berlusconi non piace il metodo di scelta dei nuovi senatori. Ci sono dubbi sulla rappresentatività dei nuovi membri di palazzo Madama e per il fatto che non siano elettivi.
Sulla non elettività dei senatori Augusto Minzolini è uno dei più critici, tanto da essere considerato uno dei capi dei «frondisti». Frondisti tra virgolette perché sono in tantissimi, quasi tutti, a pensarla come lui. L'ex direttore del Tg1 aveva presentato un pacchetto di emendamenti molto lontano dal testo sponsorizzato dal governo. Tra questi, l'elezione diretta dei cento e il taglio a 200 dei deputati. Difficile che la spunti anche se almeno 37 senatori azzurri (su 59!) la pensano come lui. Certo, le cose potrebbero cambiare se Berlusconi desse l'ordine di eseguire quanto da lui stabilito. «Poi però non lamentiamoci come abbiamo fatto quando ci hanno obbligato a dire sì al fiscal compact o alla legge Severino», dice Minzolini. Che aggiunge: «Renzi si incaponisce sul Senato non elettivo e tiene una Camera stile Duma sovietica di 630 membri; e l'elezione diretta del capo dello Stato o quanto meno l'ampliamento dei poteri del premier resta un tabù. E perché mai?».

Anche il deputato Maurizio Bianconi, pur alloggiando a Montecitorio, comincia a non sopportare più tutta questa indulgenza nei confronti del leader del Pd e attacca amaro: «Hanno deciso di vendersi a Renzi. Passeranno alla storia come traditori criminali o come eroi lungimiranti. A seconda di chi la scriverà».
Insomma, la linea Verdini, quella del patto sulle riforme senza se e senza ma, continua ad essere nel mirino dei duri e puri. Un'anima pesante e che pesa nel partito.

E non è un caso se ieri Giovanni Toti, consigliere politico del Cavaliere, ha a mostrato i denti sul golpe subito da Berlusconi nel 2011: «La commissione di inchiesta sul complotto è imprescindibile. Non si costruisce il futuro senza luce sul passato». Un ostacolo in più sulle riforme? Deborah Bergamini tiene separati i due ambiti ma sulla questione non molla: «Ho appena fatto sottoscrivere a tanti colleghi europei un documento per chiedere che il Consiglio europeo apra un'inchiesta sui fatti che hanno portato alla caduta del governo Berlusconi».

Ma proprio da Berlusconi arriva invece un'apertura al governo sui diritti civili: «Quella per i diritti civili degli omosessuali è una battaglia che in un Paese davvero moderno e democratico dovrebbe essere un impegno di tutti - dice - Da liberale ritengo che attraverso un confronto ampio e approfondito si possa raggiungere un traguardo ragionevole di giustizia e libertà».

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