Bye bye primarie. O almeno così sembra. Già, perché una delle principali conseguenze di quella che Silvio Berlusconi definisce in privato «una provocazione bella e buona» è che difficilmente il Pdl riuscirà davvero a celebrare quelle primarie di partito a cui tanto teneva Angelino Alfano e che il Cavaliere continua invece a vedere come fumo negli occhi. I tempi, infatti, erano già strettissimi prima e con le regionali di Lombardia, Lazio e Molise a metà febbraio è chiaro che i margini di manovra si riducono ancor più. Con il Natale di mezzo e le liste elettorale di due regioni chiave da chiudere entro metà gennaio sarebbe davvero azzardato pensare di fare delle primarie serie e credibili. Anzi, forse si farebbe fatica persino a farle con il call center.
Lo sa Berlusconi, ma lo sa anche Alfano. Che non a caso durante l'incontro di ieri a Palazzo Grazioli è stato decisamente meno caustico degli ultimi giorni quando il Cavaliere è tornato a ribadire che «le primarie sono solo una perdita di tempo». D'altra parte, con il voto a febbraio si rimette tutto in discussione, tanto che il tavolo delle regole che ieri doveva riunirsi a via dell'Umiltà alla fine non è stato convocato.
Così, la replica dell'ex premier alla «provocazione» del governo non si fa attendere: election day a metà febbraio, al più tardi a inizio marzo, altrimenti si toglie la fiducia a Monti e si fa saltare il banco. Si risparmiano cento milioni di euro, è l'argomentazione «alta». Si evita di dare al Pd il vantaggio di giocarsi le politiche dopo una probabile vittoria nel Lazio e un possibile successo in Lombardia, è invece quella «bassa». Il messaggio viene anticipato al Quirinale dal solito Gianni Letta nonostante il governo - fa notare un ex ministro del Pdl - non abbia avuto la stessa accortezza. Già, perché della decisione del Viminale Berlusconi ne ha avuto notizia dalle agenzie, come lo stesso Alfano che era negli studi di Porta a Porta. Anche per questo la sensazione è quella del «colpo basso».
Con questo scenario, le primarie si fanno sempre più lontane. E forse non è un male viste le due autocandidature di ieri. Quella di Alfonso Marra, ex eurodeputato di Forza Italia noto alle cronache per la battaglia conteo il «signoraggio bancario» condotta insieme a Domenico Scilipoti e all'indimenticabile Sara Tommasi. Lui si definisce «avvocato e filosofo» e non lesina giudizi sul primo film hard di lei. In corsa potrebbe esserci anche Andrea Di Pietro, consigliere comunale Pdl a Vigevano che martedì scorso si è esibito in un tweet su Nichi Vendola («È viscido come la vaselina che usa»). Una candidatura, promette, che «non guarda al finto buonismo». Ma questo diciamo che s'era capito.
In sottofondo resta un Berlusconi che continua a scaldare i motori. Che il Pdl cambierà nome e simbolo è una certezza, su chi sarà il candidato premier restano invece molti dubbi. Il Cavaliere intanto ragiona su un ritorno in tv in grande stile.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.