Berlusconi frena su Bossi ministro Lui: "Non ci tengo"

Il leader del Pdl: "Il Senatùr poteva risparmiarsi la frase sui fucili anche se è stata solo una boutade strumentalizzata". E su Veltroni: "Sono deluso, i comunisti restano quelli di sempre"

Berlusconi frena 
su Bossi ministro 
Lui: "Non ci tengo"

Roma - La tregua è finita, archiviata. E lo scontro si fa diretto, in un duello a distanza in cui, riposto il fioretto, si incrociano le sciabole. Avviene così che, a cinque giorni dal voto, Silvio Berlusconi, facendo tappa in terra sarda, emetta una dura sentenza di condanna verso il suo antagonista, bollandolo come «una delusione».

«La credibilità di Veltroni è ormai vicina allo zero per chi guarda le cose non da lettore de l’Unità ma da persona di normale buon senso» dice il leader del Pdl. «Cerco di addebitare a Veltroni - sottolinea l’ex premier - le sue mancate promesse. Si è dato una missione impossibile, quella di rappresentare una sinistra irreale. C’è una sinistra della realtà, che è quella del governo Prodi, con la drammatica eredità che ci lascia. E poi c’è la sinistra che Veltroni ha cominciato a rappresentare, che è quella del nuovo e delle promesse, che è miseramente crollata perché nessuno dei suoi impegni si è trasformato in realtà». Per esempio, «Veltroni aveva detto che sarebbe andato alle elezioni da solo e invece ha accorpato il peggio del peggio che è Di Pietro, dimostrando che c’è ancora una cultura giustizialista».

Dalla politica delle alleanze all’impostazione scelta dall’ex sindaco di Roma per la campagna elettorale il giudizio non cambia. «Inizialmente c’era un rapporto da “volemose bene”: “Vogliamo fare un governo insieme? Che problema c’è...”. Poi Veltroni ha cominciato a deludermi, eppure ci avevo sperato nel Pd, avevo sperato che 100 anni dopo i laburisti inglesi e 50 anni dopo i socialdemocratici tedeschi volessero dire: siamo stati nell’errore tutta la vita. Ma la campagna elettorale di Veltroni è fatta solo di menzogne». Anzi «non ho visto un’affermazione di Veltroni che non sia una menzogna. Sono i comunisti di sempre e bisognerà cambiare generazione per vedere un vero cambiamento».

La sintesi finale di questo crescendo di critiche si risolve in una sorta di equazione: «Votare Veltroni significa più Stato, più debito pubblico, più extracomunitari con conseguente aumento della criminalità. Significa avere Di Pietro come ministro della Giustizia e un imperversare di intercettazioni. E significa svendere Alitalia e farci colonizzare dai francesi, e significa nessun Ponte sullo Stretto». Gli italiani, invece, potranno votare per il Pdl contando su una garanzia: quell’«85% di promesse mantenute durante il governo della Cdl». Con una postilla: «Il 15% del programma che non abbiamo fatto è colpa dell’Udc. Avevamo una legge pronta a togliere quella metastasi che sono le Coop rosse, avevamo la possibilità di cambiare la par condicio, volevamo portare le tasse ad aliquote giuste. Tutto questo non è stato possibile per il veto di Casini».

Per tutta la giornata, in realtà, i giornalisti lo inseguono per chiedergli di commentare la battuta di Umberto Bossi sui fucili. Berlusconi non si tira indietro. «Certo quella battuta poteva risparmiarsela perché sa che poi certe cose vengono strumentalizzate. Bossi si esprime per slogan: quante volte ha detto i fucili, i fucili. Vuol dire solo che lui farà una battaglia politica forte». In serata, poi, ritorna sulla vicenda. «Con Bossi esiste un rapporto veramente speciale, con lui c’è una amicizia fraterna. In cinque anni il Carroccio non si è mai opposto a una decisione del governo». Ma Bossi farà il ministro? «Non lo so, a me nessuno ha chiesto niente».

Quel che è certo è che, dopo le battute di Veltroni sulla differenza di età, Berlusconi non può fare a meno di scherzare sul suo stato di salute. «Chi vuol fare braccio di ferro?» dice incontrando i giornalisti. «Sto bene, sto molto bene. Tranne la voce, che ormai sta andando via: del resto con quattro comizi al giorno... La verità è che mi attribuiscono frasi mai dette e una stanchezza che non ho mai avuto». E se Berlusconi prende tempo sulle Olimpiadi - «decideremo insieme con gli alleati. Bisogna premere affinché inizi un dialogo con il Dalai Lama» - mostra di avere le idee molto chiare sull’esclusione del marchio della Dc. Il fatto che vi siano «quattro simboli con la falce e il martello» sulla scheda e che invece sia stato escluso «proprio il simbolo della Dc» indica che «evidentemente c’è stato un ordine dall’alto e la volontà di fare un favore a qualcuno».

Berlusconi torna anche sull’energia: «Bisogna riprendere con il nucleare. Dovremo partecipare alla realizzazione di una centrale che sarà costruita in un Paese vicino». Poi se la prende anche con una sinistra «intrisa di giustizialismo» e ribadisce la necessità di procedere alla separazione delle carriere. «Il magistrato deve essere terzo. I pm, così come gli avvocati della difesa, devono arrivare con il cappello in mano davanti al giudice».

L’ultima battuta è per la necessità del voto utile. «Alla Camera alcuni partiti non possono in nessun modo superare lo sbarramento e i voti che vengono dati alla Santanchè, che è una bella “sberla”, possono avvantaggiare uno che bella sberla non è: Walter Veltroni».

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