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Berlusconi ordina il silenzio nel Pdl

Il Cavaliere frena i colonnelli, resta aperta la trattativa con il Colle. L'assist di Monti: "La grazia non sarebbe uno scandalo"

Berlusconi ordina il silenzio nel Pdl

Roma - Berlusconi frena e impone il silenzio ai suoi. All'ora di pranzo dirama una nota in cui cerca di spazzare via un po' le nubi che si addensano sul governo. Tutti i quotidiani descrivono un Letta traballante e i mercati reagiscono male. Giù la borsa di Milano ma soprattutto il titolo Mediaset. In pratica soldi in fumo per lo stesso Berlusconi, attanagliato tra la voglia di gridare al mondo di aver subito un'ingiustizia e far saltare il banco e la necessità di non nuocere alle proprie aziende. Stop and go; pancia e testa. Con l'amara constatazione che, sia che segua la prima sia che segua la seconda, la via d'uscita è strettissima. E i botta e risposta quotidiani sui media rischiano di restringerla ancor di più. Meglio prendere tempo e la ratio della nota che segue è tutta qui: «In questa situazione di difficoltà per il nostro Paese e di confronto tra le forze politiche - scrive l'ex premier -, il dibattito all'interno del Pdl, che nasce come chiaro segnale di democrazia, viene sempre più spesso alimentato, forzato e strumentalizzato dagli organi di stampa». Più fioccano le dichiarazioni di guerra che fanno presagire un governo agli sgoccioli, più Berlusconi perde denaro e per di più si riducono le seppur flebili chances che Napolitano possa far qualcosa per lui.

E ancora: i giornali descrivono un partito lacerato tra falchi e colombe che lo tirano per la giacchetta, stuzzicando le due anime che convivono nel Cavaliere. Il quale capisce e condivide le ragioni di entrambi. Così, cerca almeno di evitare che esplodano all'esterno: «La passione - continua la nota del Cavaliere - e l'impegno generoso dei nostri dirigenti e dei nostri militanti - continua la nota del Cavaliere -, anche negli ultimi giorni vengono riportati e descritti a tinte forti, quasi fossero sintomi di divisione e di contrasto. Perciò, invito tutti a non fornire con dichiarazioni e interviste altre occasioni a questa manipolazione continua che alimenta le polemiche e nuoce a quella coesione interna, attorno ai nostri ideali e ai nostri valori, che è sempre stata ed è il tratto distintivo del nostro movimento».

Berlusconi prende tempo. Concede che le trattative con Napolitano, l'unico che potrebbe far qualcosa per la sua situazione personale, proseguano. In cuor suo ci crede poco perché «In passato non ha fatto nulla per impedire che mi colpissero ingiustamente». Ma la speranza che dal Colle possa quantomeno arrivare la commutazione della pena, resta. Speranza ridotta al lumicino. Ma c'è. E Mario Monti, in un'intervista al Foglio in edicola oggi, apre alla grazia per il Cav. A parte la discussione sulla legge Severino, «i casi eccezionali vanno affrontati con provvedimenti d'eccezione, ad esempio la grazia, che non troverei affatto scandalosa, a differenza di Grillo, proprio per il ruolo che Berlusconi ha avuto», dichiara il leader di Scelta civica.

Consapevole che al capo dello Stato interessi principalmente la stabilità di governo, Berlusconi accantona per un po' lo strappo. Anche perché glielo consigliano pure i figli, Fedele Confalonieri, Ennio Doris. I loro ragionamento: «Napolitano ti ha già detto che con questa legge elettorale non scioglie le Camere. Piuttosto fa un governo con chi ci sta per cambiare il Porcellum e magari colpire a morte le aziende. Conviene?». Certo che no, sarebbe un incubo. Anche se per Berlusconi resta «inaccettabile» restare alleati a un partito in procinto di votare la sua morte politica, in virtù di una legge che moltissimi giuristi ammettono avere aspetti di incostituzionalità. Su questo fronte, qualche colomba pidiellina gli mostra l'intervista di Luciano Violante, pubblicata ieri dal Corriere: un'apertura all'ipotesi di un ricorso alla Corte costituzionale per verificare se la legge Severino possa essere considerata retroattiva oppure no. L'apertura di Violante - che parla soprattutto ai falchi del Pd - c'è. La fiducia di Berlusconi un po' meno. «Mi vogliono morto», ripete.

E poi: «Tanto la maggioranza dei giudici della Consulta è di sinistra».

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