Silvio Berlusconi è il leader più generalista. Più rappresentativo, si potrebbe dire semplificando. Lo affermano i dati Auditel, non nonna Abelarda. L’altra sera, ospite di Ballarò , il Cav ha battuto indirettamente i suoi avversari diretti. Il 21 per cento di share sfiorato ( 5 milioni 787mila telespettatori), distacca il 17 dell’ospitata a Bersani e il 18 dell’intervista a Monti. In entrambi i casi il divario in favore del leader Pdl è di 600mila spettatori. Se non è record assoluto per il programma di Floris, come lo è stato il 10 gennaio scorso per Servizio pubblico , poco ci manca. E dire che il conduttore gli aveva preparato un’accoglienza di carta vetrata, prima con la strepitosa parodia di Crozza, poi con una raffica di economisti zelanti nello smontare la restituzione choc dell’Imu,infine con De Benedetti che gli augurava il viale del tramonto. Una serata in salita per il Cav. Eppure, stando agli ascolti, Berlusconi rimane leader vincente. Chissà che analisi ne trarrebbero i cervelloni del marketing. Più modestamente, qui suggeriamo un paio di considerazioni. La prima è che, a prescindere dalla praticabilità del rimborso dell’Imu, e comunque non da ora, Berlusconi ha conquistato il centro della campagna elettorale. Bersani e Monti agiscono di rimessa, costretti a smontare quell’idea, concreta o fasulla che sia. I sondaggi di Pd e Scelta civica per Monti rifluiscono mentre il Pdl cresce. E dunque, meglio allearsi contro il Grande Incantatore che ormai ha steso il suo sortilegio, un miscuglio di pragmatismo e visionarietà, sulla Telecampagna.
Qui s’innesta la seconda considerazione. A fare la differenza è la formazione dei tre leader in campo. Quando parlano, il Cavaliere, Bersani e Monti evocano mondi diversi. La commedia all’italiana, le fabbriche, le banche. La televisione è trasparente e si vede tutto. Berlusconi potrà stentare a reggere le obiezioni di Floris, ma il suo messaggio incuriosisce lo stesso. Se non altro perché costringe a prender posizione, pro o contro. Il fondatore della televisione commerciale è abituato a pensare agli italiani nella loro quotidianità domestica. Si rivolge a loro sul divano davanti alla tv perché ne conosce abitudini e consumi. Anni e anni di ricerca dell’ audience e di marketing pubblicitario non sono trascorsi invano. Le proposte del Cavaliere mirano a soddisfare gli italiani nel bisogno di sognare (Balotelli) e nella concretezza del portafoglio ( la restituzione dell’Imu). «La casa è sacra», ripete. Sentimento e benessere, passione e leggerezza sono la vecchia lezione della commedia italiana. Pane, amore e fantasia.
Un leader generalista, si diceva, mutuando dal linguaggio della televisione. Gli altri non hanno la stessa immediatezza e la stessa facilità di parlare a tutti. Esprimono una comunicazione più stretta, più parziale. Bersani ricorre alle metafore e ai proverbi emiliani alla ricerca della semplicità popolana. Insiste sul tasto del lavoro. Argomento forte, per carità. «Senza lavoro non si va da nessuna parte », martella. Ma siccome non chiarisce come crearlo, vengono in mente soprattutto rivendicazioni sindacali e tute blu, il Quarto Stato , un film ambientato in una fabbrica. Il tecnocrate Monti, invece parla avendo in mente i mercati. Con «lo spread è sceso... lo spread è salito...
» l’immaginazione stenta a decollare. Il film di Monti è una storia fredda, un tantino protestante, ambientata tra le cancellerie del Nord Europa, le banche, la finanza. C’è poco da entusiasmarsi.Ora, però, la banca e la fabbrica si alleano...
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