La palla di neve che in pochi minuti si trasforma in una devastante slavina è l’sms che Gasparri invia a Letta quando sono ormai le dieci di sera di un mercoledì convulso. Nelle ricostruzioni del vertice di qualche ora prima uscite sulle agenzie, si parla infatti di un Berlusconi pronto al passo indietro, dettaglio che il Cavaliere non prende affatto bene. A cena a Palazzo Grazioli ci sono Alfano, Verdini, Brunetta e Ghedini ed è davanti a loro che l’ex premier non si tiene più. Prende carta e penna e scrive di getto un comunicato durissimo nonostante qualche ritocco del sempre prudente Letta. Il senso è chiaro: me lo chiedono in tanti e sono pronto a tornare.
Berlusconi, dunque, tira dritto. E lo fa in maniera così netta che Alfano non ha esitazioni nel mettergli a disposizione i suoi comitati per le primarie (che ovviamente - e come era largamente prevedibile - non si terranno). Ed è sempre in quella cena che il Cavaliere decide che è arrivato il momento di affondare i colpi contro il governo Monti. Un antipasto della campagna elettorale ormai alle porte, ma soprattutto una risposta ad un esecutivo che «non mantiene gli impegni presi». Il provvedimento sulla incandidabilità dei condannati lo abbiamo appoggiato anche noi ma- è il senso del ragionamento di Berlusconi - nel pacchetto c’era anche la responsabilità civile dei magistrati e il ddl sulle intercettazioni. Di tutti e due nulla di fatto. Così arriva l’ordine di scuderia: prima al Senato e poi alla Camera il Pdl non partecipa al voto di fiducia. Per dare «un segnale». Una presa di distanza netta dal governo con una richiesta chiara:fare l ’election day ,possibilmente a febbraio. Questo dirà stamattina Alfano quando salirà al Quirinale per incontrare Giorgio Napolitano. Altrimenti il Pdl dopo il voto sulla legge di stabilità si sentirà libero di far saltare il banco.
L’ex Guardasigilli fa poi sapere che Berlusconi «tornerà in campo da protagonista». Sarà lui, insomma, a dare ancora una volta le carte, che poi questo significhi davvero candidarsi a Palazzo Chigi la cosa resta da decidere. Di certo, c’è che la sfuriata di mercoledì sera e la ridiscesa in campo del Cavaliere ha compattato il partito al punto che nel vertice di ieri a Palazzo Grazioli nessuno ha fatto obiezioni. Certo, qualche presa di distanza c’è. Come quelle di Pisanu, Frattini e Mantovano. E del capodelegazione a Bruxelles Mauro che insieme a Formigoni rappresenta quella parte di Cl con cui la rottura è sempre più netta. «E pensare - diceva mercoledì sera il Cavaliere che sono perfino andato a Varsavia a perorare la candidatura di Mauro alla presidenza del Parlamento europeo».
Ora,c’è solo da capire quanto profondo sarà il restyling del Pdl, non solo nel nome ma anche nelle persone visto che Berlusconi ripete come un mantra di volere «facce nuove ». Con un buon programma e giovani promettenti, assicura l’ex premier durante i vari vertici, possiamo puntare ad un 30%.
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