RomaL'irritazione di Pier Luigi Bersani si nasconde nelle contorsioni del suo commento agrodolce al discorso del premier. Ritrovarsi con un Mario Monti suo antagonista nella corsa per Palazzo Chigi e forse per la leadership nel centrosinistra, proprio quando contava di avercela fatta, per il segretario del Pd è il realizzarsi di un incubo. In più, da due giorni lui è fuori dalla scena anche televisiva, mentre a dominare la campagna elettorale sono Monti e Silvio Berlusconi.
Ufficialmente, però, Bersani non vuol far trasparire il disappunto e raccomanda ai suoi di non attaccare il Professore. Lo ringrazia, anzi, per aver guidato l'Italia «fuori da un rischio di precipizio», gli ricorda il sostegno dato al governo «con lealtà e coerenza anche nei momenti e nelle condizioni più difficili», assicura che non se ne pente. Poi aggiunge: «Tuttavia la crisi c'è ancora e anzi è davanti alla sua fase socialmente più acuta. Forse è questo quello che è mancato di più nelle parole, pur apprezzabili, del presidente del Consiglio. Adesso bisogna preservare quel che si è fatto di buono e fare quello che non si è fatto fin qui». Bruciano gli attacchi del Professore al responsabile economico del Pd Stefano Fassina, all'alleato leader di Sel Nichi Vendola e alla segretaria Cgil Susanna Camusso, oltre al riferimento ai democratici montiani, come Piero Ichino, pronti a lasciare il partito. Bersani teme che sull'Agenda Monti si sgretoli l'alleanza che deve incoronarlo premier, spingendo voti moderati verso un Centro che può coagularsi attorno al Professore. Cerca di convincere che potrebbe fare meglio di Monti, soprattutto con una solida coalizione alle spalle: «Ci vuole più cambiamento - dice - ci vuole più equità, ci vuole più lavoro. Dunque serve una maggioranza politica non più strana ma vera e coerente, saldamente europeista e saldamente riformatrice». Quanto alle priorità indicate dal premier, precisa che il Pd vi lavora «da anni» con proposte precise «in vista di una riscossa italiana fondata su moralità e lavoro» e distingue tra proposte che coincidono o meno con quelle del partito. A decidere sulle prospettive politiche, conclude, «già da domani la parola passerà agli italiani».
Dietro alla facciata, però, l'agitazione è grande nel Pd e nel centrosinistra. Con Vendola che dice: «Basta con il rigore a senso unico». Con il giuslavorista Ichino che minaccia il divorzio se il Pd non sceglierà l'Agenda del Prof, sconfessando la linea-Fassina e poi si dice pronto a candidarsi in Lombardia , a capo di una Lista Monti. Con Fassina che replica al premier: «Il sottoscritto verifica in campo il consenso sulle proprie posizioni». Con la Camusso che rimbrotta il premier per i commenti su Vendola e attacca: «In molte occasioni la Cgil si è trovata in dissenso con le scelte politiche di Monti non perché vogliamo un passato che non c'è più, ma perché non c'è futuro senza lavoro ben retribuito e con i diritti».
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