Un classico nazionale è la pagina della «modulistica». Addio alle vecchie scartoffie, hanno gridato in coro i Comuni della penisola tutta salutando l'avvento di internet come Sol dell'avvenire. E giù con gli «appalti per l'informatizzazione», le «consulenze per la dematerializzazione». Risultato, desolanti, pallide pagine web che compiono un miracolo estetico-telematico: sono virtuali ma hanno la stessa aria triste degli androni dell'ufficio anagrafe. Nella maggior parte dei casi queste pagine web sono solo una lista di link che permettono di scaricare una copia del modulo. Così i Comuni ora non distribuiscono più scartoffie reali ma virtuali. Il compito di stamparle e recarsi negli uffici a fare la consueta fila lo lasciano al cittadino. Un bel passo avanti, non c'è che dire.
La caporetto internettiana dei Comuni italiani non è solo un'impressione. Il centro studi Cermes della Bocconi presenta oggi a Milano uno studio che ha applicato un indice oggettivo ai siti di 104 Comuni italiani con più di 60.000 abitanti. Il Citizen web empowerment index dà un voto alla capacità dei siti municipali di fornire informazioni ai cittadini, la trasparenza, la capacità di fornire servizi personalizzati, la capacità di interagire con chi li consulta (e sarebbe, in teoria, titolare del diritti di sapere tutto di come viene amministrato il proprio Comune). Semplificando i risultati in voti da 1 a 10, la media italiana è desolante, un «4 meno» in pagella. La stroncatura più feroce spetta al Comune di Viterbo che rimedia uno 0,7 in pagella che avrebbe fatto vergognare il Franti del libro Cuore. Gli fanno compagnia in fondo alla classifica Caltanissetta e Fano con voti appena superiori all'1. «Il paradosso - spiega il professor Luca Buccoliero, uno dei curatori della ricerca- è che i siti fin troppo pieni di informazioni, quelle rese obbligatorie per legge, col risultato che a volte è difficile trovare ciò che si cerca. Allo stesso tempo è scarsissima la capacità di rendere davvero partecipe il cittadino».
Milioni di italiani frequentano Facebook, Twitter e Youtube, mentre i Comuni li snobbano: meno di uno su tre è presente e il voto medio è da bocciatura secca, 2,9. L'altro grande paradosso è la sostanziale assenza di servizi mobili, ovvero per i telefonini. Nel Paese che ha più utenze di cellulari che abitanti, solo dieci Comuni offrono serviti turistici utilizzabili o consultabili attraverso il cellulare.
La rassegna dei siti ci offre anche un saggio di come stiamo trasformando anche sul web la teoria del federalismo in pratica di spreco e disordine. Si sarebbe potuto elaborare un modello standard di sito per i Comuni, almeno per i servizi di base, col risultato pratico che il cittadino di Roma avrebbe avuto facilità a consultare i servizi on line di Milano e vice versa. Oltretutto, col cosiddetto «riuso» dei siti, si sarebbe evitato di pagare 8.000 progettisti web, uno per ogni Comune. Insomma bastava copiare dai più bravi e il voto sarebbe stato più alto. Magari prendere esempio dai più bravi come Vienna e Singapore, che offrono servizi quali «fix my street», cioè «ripara la mia strada»: non solo permette di segnalare un problema al Comune, ma lo fa in modo trasparente, così tutti i cittadini possono controllare che non ci siano favoritismi. Ma forse il problema è proprio questo.
Il viaggio nei siti municipali italiani rivela che l'attitudine sul web non è che la fotografia dell'atteggiamento delle pubbliche amministrazioni verso i cittadini: la trasparenza, magari con la scusa della privacy, diventa un inutile orpello e la voce dei cittadini un fastidio. Il voto medio alla voce «capacità di ascoltare reclami e suggerimenti» scende a 2. E quando anche i Comuni ascoltano, se ne fregano. Capacità di prendere in considerazione reclami e suggerimenti ricevuti? Voto 0,7.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.