Il risveglio, dopo la festosa parata del 2 giugno con tanto di saluti dalla finestra di Palazzo Chigi, è stato brusco per Matteo Renzi. Lunedì le rampogne dell'Europa sui nostri conti pubblici. Ieri i dati devastanti della disoccupazione, in particolare quella giovanile. E un presidente della Confindustria che dice: «Stiamo strisciando sul fondo, non raccontiamoci storielle». Fino a quando potrà durare il dividendo degli 80 euro? Forse fino all'autunno, quando i nodi arriveranno al pettine: con la legge di Stabilità, Renzi dovrà reperire almeno 20 miliardi di euro per finanziare il bonus Irpef e le altre spese essenziali (cassa integrazione, missioni militari e così via). Dove li troverà?
L'unica notizia positiva, in questo quadro desolante, è che la Commissione non ha bocciato la richiesta di rinviare al 2016 il pareggio di bilancio. Il nein era già nero su bianco, ma il lavoro diplomatico del vicepresidente Antonio Tajani ha consentito un cambio di rotta. «L'obiettivo era di evitare altri sacrifici agli italiani. Ora il testo è equilibrato: i conti vanno messi in ordine, ma puntando sulla crescita», spiega l'eurocommissario uscente.
Per quanto riguarda invece i conti 2014, di fronte alle richieste della Commissione la parola d'ordine del governo è: nessuna manovra aggiuntiva. Farebbe soltanto danni all'economia che è già ai minimi termini. «La crescita italiana è molto debole», ammette Pier Carlo Padoan. E invece, aggiunge, serve la crescita per sostenere le finanze pubbliche. «È indispensabile ridurre il debito», dice ancora il ministro dell'Economia, confermando l'obiettivo di incassare poco più di 11 miliardi l'anno (lo 0,7% del Pil) grazie alle privatizzazioni: «Alcune sono già partite, come Enav e Poste, altre verranno da qui a fine anno».
Il «no» alla manovra lo pronuncia espressamente anche il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. «L'austerità aumenta i problemi. Abbiamo una questione seria di consumi interni, e politiche depressive creerebbero ulteriori difficoltà». Più difficile per Poletti parlare delle cifre disastrose dell'Istat sul lavoro: il tasso di disoccupazione in aprile ha toccato il 12,6%, e fra i giovani fino a 24 anni sale al record storico del 43,3%, il più elevato dal 1977. «Speriamo di vedere un cambio di segno a fine anno», commenta Poletti.
I dati della disoccupazione sono coerenti con un quadro di ripresa stagnante. Il presidente della Confindustria Giorgio Squinzi attacca: «Stiamo strisciando sul fondo, non raccontiamoci storielle. Dal 2007 a oggi il Pil cresce a livelli inferiori dell'1% rispetto alla media Ue, non ci sono più consumi interni, dobbiamo lottare su questo fronte», aggiunge. Il centro studi confindustriale vede un leggerissimo miglioramento in maggio della produzione industriale. Ma le attese per i prossimi mesi non sono confortanti: le imprese manifatturiere si aspettano un calo degli ordini.
Slitta a stamattina, intanto, l'arrivo nell'aula del Senato del decreto Irpef, a cui il governo ha presentato un emendamento per lo slittamento del pagamento della Tasi per i comuni che non hanno ancora deliberato l'aliquota. Nel testo previste tre finestre per il pagamento della tassa: metà giugno, metà settembre e metà dicembre.
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