Non regge l'accusa di terrorismo per le azioni dei No Tav se non c'è stata «l'apprezzabile possibilità di rinuncia da parte dello Stato alla prosecuzione dell'opera» e «un grave danno effettivamente connesso a tale rinuncia».
È il paletto posto dalla Cassazione al tribunale di Torino che dovrà riesaminare in questi termini l'ordinanza di custodia cautelare in carcere per quattro attivisti, che con altre persone la notte tra il 13 e il 14 maggio 2013 avevano messo a punto un'azione dimostrativa contro il cantiere Tav di Chiomonte. Secondo l'accusa, il cantiere era stato attaccato da oltre 20 persone da più lati simultaneamente, con il lancio di bombe carta e molotov. In conseguenza aveva preso fuoco un compressore nel piazzale antistante il tunnel, al cui interno erano al lavoro gli operai del turno di notte. Per la prima volta la grave imputazione di «attentato con finalità terroristiche o di eversione» e «atto di terrorsismo con ordigni micidiali» veniva rivolta agli attivisti No-tav.
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