"È la burocrazia la madre di tutte le mazzette"

L'esperta dell'Istituto Bruno Leoni, Sileoni: "Ogni pratica passa da troppe mani, l'occasione fa l'uomo ladro"

"È la burocrazia la madre di tutte le mazzette"

Spiega Carlo Nordio, il pm titolare dell'inchiesta sul giro d'affari attorno al Mose: «La nomina di un commissario straordinario conta molto poco. La madre della corruzione, 20 anni fa come oggi, è la complessità delle leggi. Se devi bussare a cento porte invocando cento leggi diverse per ottenere un provvedimento, è quasi inevitabile che qualcuna resti chiusa e qualcuno ti venga a dire che devi imparare a oliarla». Semplificare, togliere invece che aggiungere (controllori, poteri, pene, leggi). «Come si dice, sono le occasioni che fanno l'uomo ladro. Se una stessa pratica deve passare per dieci mani, anziché da una, le occasioni si decuplicano. E in Italia, tra pareri, autorizzazioni, valutazioni, analisi, di occasioni certo non ne mancano» dice Serena Sileoni, vicedirettore dell'Istituto Bruno Leoni.

Troppi imprenditori e affaristi dalla mazzetta facile?
«Quando si parla di corruzione normalmente si punta il dito contro il corruttore, dimenticando che se quell'ipotesi si è avverata è perché un pubblico ufficiale si è lasciato corrompere. Questo vuol dire che laddove c'è corruzione c'è la mano pubblica, e tanto più la mano pubblica ha potere e discrezionalità di agire, come nel caso del rilascio di pareri o autorizzazioni, tanto più si creano le occasioni possibili di corruzione».

Cosa non funziona nel sistema degli appalti?
«Quello che non funziona in tutto il nostro sistema giuridico: conflitti tra norme, modifiche continue, più deroghe che regole, che si prestano a generare applicazioni non ortodosse ma comunque sostenibili, data l'ambiguità del contesto e del testo. Il ginepraio delle regole complica la vigilanza e il controllo, sia quelli specifici delle autorità predisposte che quelli, generali, dell'opinione pubblica».

Non serve un nuovo supercommissario Anticorruzione con più poteri?
«C'è già dal 2012 un'Autorità nazionale. C'è il Dipartimento della funzione pubblica che predispone il piano nazionale anticorruzione e ha funzioni di vigilanza. Ci sono i codici etici per la pubblica amministrazione. Ci sono le prefetture per i controlli antimafia. Spesso, per opere o eventi straordinari, come nel caso dell'Expo di Milano, ci sono appositi commissari delegati dal governo. E poi, ovviamente, c'è la magistratura. Non mi pare che i controllori siano pochi. Ed è bene che ognuno faccia il suo mestiere. Leggi e sanzioni non mancano. C'è una magistratura che ha il potere di applicarle.

Si dice: ci vogliono pene più severe per chi ruba, solo allora ruberanno meno.
«Le leggi e le sanzioni ci sono.

Aumentare le pene a cosa serve, se continuano ad esserci ambiguità delle norme e difficoltà di arrivare alla fine dei procedimenti giudiziari? Se non è chiaro quale comportamento rientra nell'attività di pressione sull'autorità pubblica e quale configura invece un illecito - e in Italia, dove la politica non vuole una legge sulla regolazione del lobbying non è chiaro - attori pubblici e privati continueranno a usufruire di un contesto fumoso dove sono incerte le conseguenze di un determinato comportamento. Se si aggiunge che i processi sono talmente lenti da essere insicuri nello stesso esito, non c'è pungolo esterno che spinga a comportarsi onestamente».

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