Economia

Il caos Cipro e i guai dell'Italia. La crisi dell'euro non è finita

Speculatori in agguato: domani riapriranno le banche sull'isola e la Bce cesserà i finanziamenti. Occhi puntati sulle consultazioni, ora serve un governo credibile

A Cipro sarà la Chiesa ortodossa a mettere la sua fortuna a disposizione dello Stato, ipotecando i beni ecclesiastici, per risolvere i problemi. Eppure il capo della Chiesa ortodossa, Chrysostomos II, non ha mancato di togliersi qualche sassolino: «Con questo comportamento, l'euro non può reggere. Con i geni che ci sono a Bruxelles a lungo termine non terrà, meglio pensare di fuggire». Ancora una volta, con le soluzioni proposte per Cipro, l'Europa ha dimostrato di non essere in grado di reagire alle crisi degli Stati membri, mettendo in discussione il rapporto di fiducia con gli investitori, e facendo venire allo scoperto le debolezze dell'euro.
Facciamo un passo indietro. Il Consiglio europeo del 14 e 15 marzo ha posto sul tavolo due questioni: la priorità di «portare avanti un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita», e uno spiraglio per il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni verso le imprese. Il 18 marzo, dopo un incontro tra il commissario europeo all'Industria, Antonio Tajani, e il commissario per gli Affari economici, Olli Rehn, ecco l'ok dell'Ue al nostro Paese per il conteggio «flessibile» del «peso» dei pagamenti arretrati delle Pa su deficit e debito pubblico.

Di questo ha riferito in Consiglio dei ministri il 21 marzo il ministro dell'Economia. Di tutto ciò dovrà tenere conto il prossimo governo, nella redazione del Def 2014, da presentare entro il 30 aprile. Ce la farà? Ci sarà un governo che possa delineare con serietà le linee della politica economica, in linea con gli impegni europei? Banca d'Italia e Fondo monetario internazionale ci hanno avvertiti. Secondo la prima, la ripresa prevista per la seconda metà del 2013 è minacciata dalla imprevedibilità del quadro politico e le incertezze dell'economia potrebbero portare instabilità sui mercati. Per l'Fmi, l'incertezza post elettorale è, insieme alla politica di bilancio degli Usa, il «rischio chiave» nel breve periodo.

Sul piano internazionale, la questione di più grande attualità è Cipro, che sta vivendo una doppia crisi: economico-finanziaria e bancaria. Nel 2012 il Pil è sceso del 2,3%. Cadrà ancora del 3,5% nel 2013 e dell'1,3% nel 2014. Il deficit di bilancio è stato pari a -5,7% nel 2012. Migliorerà leggermente nel 2013 (-3,9%) e nel 2014 (-2,5%). È comunque del tutto disallineato rispetto al fiscal compact. Infine il debito pubblico: nel 2012 è aumentato di circa 15 punti (dal 71,1 all'86,5%). Per il 2013 è previsto un valore pari al 93,1% e nel 2014 al 97%. Dati che non tengono conto delle somme per la ricapitalizzazione degli istituti di credito.
Crisi bancaria: è l'aspetto più preoccupante che assimila Cipro a Irlanda e Spagna. Le sofferenze sono elevate a causa del riflesso della crisi greca. A febbraio 2012 pensavamo tutti di essere usciti dalla crisi dell'euro, con l'accordo per la Grecia che prevedeva la svalutazione, da parte delle banche private, dei titoli del debito ellenico in portafoglio. Il cosiddetto haircut (del 75% del valore dei titoli), proprio quello che ha causato lo scoppio del problema Cipro. E che ha legato a doppio filo i destini dei debiti sovrani dell'area euro con il settore bancario. Dopo un anno la questione è ancora aperta, perché, causa l'ostruzionismo tedesco, il percorso verso l'unione bancaria procede lenta. E la ricapitalizzazione delle banche da parte dell'Esm è bloccata.

Per arginare il rischio sistemico delle banche e limitare il debito pubblico è stato chiesto all'Europa un prestito di 17 miliardi, (il 90% del Pil). La risposta è condizionata a un intervento da 7 miliardi: privatizzazioni, finanziamento di bond governativi (a tre anni) da parte di istituzioni finanziarie e fondi pensioni, tassazioni dei depositi al di sopra dei 100mila euro, perdita di capitale sulle obbligazioni dei privati (massimo un miliardo).
Sul sistema bancario cipriota c'è un forte sospetto: si presume si sia prestato a operazioni di riciclaggio internazionale e di lavanderia di denaro proveniente da traffici illeciti, specie da parte dei russi. Grande preoccupazione per la tassazione sui depositi che crea un pericoloso precedente e trasforma quest'eventualità nell'emersione di un rischio sistemico. Non di poco rilievo le parole del presidente Bce, Mario Draghi, sul punto: «L'economia cipriota è piccola, ma il rischio sistemico del sistema bancario non è così piccolo».

Venerdì 22 marzo, il parlamento cipriota ha approvato i primi tre dei nove disegni di legge del piano B per il salvataggio. La prima prevede la creazione di un «fondo di solidarietà» in cui saranno raccolti diversi assets statali, i fondi pensionistici e i beni immobiliari messi a disposizione dello Stato dalla potente Chiesa greco-ortodossa, mentre la seconda fornisce al governo il potere di imporre restrizioni sui movimenti dei capitali depositati nelle banche. Questo provvedimento si è reso necessario per evitare fughe di capitali alla riapertura delle banche, martedì. La terza legge consentirà la divisione in good bank e bad bank di un istituto a rischio fallimento. Tra gli altri sei progetti di legge c'è anche la proposta di effettuare un prelievo eccezionale, tra il 10% e il 15%, sui depositi bancari superiori a 100mila euro.

La Russia, ha spiegato il primo ministro Dmitri Medvedev, «non ha chiuso le porte a una discussione sui problemi finanziari di Cipro, ma deciderà solo dopo che Ue e Nicosia avranno concordato una soluzione». Una strana coincidenza: mentre la Russia si sfila entra in campo la Grecia, che da problema si trasforma in soluzione, avviando l'acquisizione delle filiali delle tre banche cipriote attive in territorio ellenico. Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, avverte: «Cipro non metta troppo alla prova la pazienza dell'Eurozona». Intanto la scure delle agenzie di rating continua ad abbattersi. Una soluzione va trovata entro domani, quando la Bce sospenderà la liquidità d'emergenza.

Torniamo così al punto di partenza. I problemi bancari, economici e finanziari di Cipro vengono fuori già il 25 giugno 2012, quando Nicosia chiede i primi aiuti all'Ue. Ma sui mercati finanziari regna una sorta di calma apparente, per cui nessuno si preoccupa. Fino al 17 marzo, quando la bomba è scoppiata, con relative ripercussioni su borse e spread. Si badi bene: i mercati hanno reagito (male) alla soluzione proposta per Cipro dalla troika (Ue, Bce, Fmi) e il problema non è Cipro, ma il «rischio sistemico». Cosa deciderà l'Europa? Senz'altro dovrà tenere conto della delicata situazione italiana. Continuando a navigare a vista il nostro Paese rischia di esporre l'Europa a nuove ondate speculative. E la responsabilità è tutta di Bersani, della sua melina, del suo prendere tempo, del suo corteggiare, Grillo. È bene che a Bruxelles se ne rendano pienamente conto.

Quegli stessi geni che avevano tifato Monti prima e Bersani poi.

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