La carriera di lady Volkswagen Da baby sitter a super manager

La carriera di lady Volkswagen Da baby sitter a super manager

di Pierluigi Bonora

Ha ben da sorridere frau Uschi, 55 anni, quarta moglie del settantacinquenne Ferdinand Piëch, padre di dodici figli, l’ultimo grande patriarca dell’industria tedesca nonché, in questo momento, l’uomo dell’auto più potente del mondo. Ursula Piëch, infatti, sposata da Kaiser Ferdinand nel 1984, si è ritrovata di punto in bianco presidente del consiglio di sorveglianza del colosso di Wolfsburg. Nulla di strano, dirà qualcuno, avendo studiato da «presidente» nelle due fondazioni dove sono custodite le partecipazioni del marito in Volkswagen e in Porsche (Ferdinand è nipote del leggendario «Ferry» Porsche, il papà del Maggiolino). Ma la scalata di Ursula ai vertici dell’impero di Wolfsburg ha qualcosa di incredibile. La first lady dell’auto tedesca (ci perdonino frau Joahanna e Susanne Quandt di Bmw), infatti, è una ex maestra d’asilo che deve la sua fortuna a essere entrata come bambinaia in casa Piëch. Come sia avvenuto il colpo di fulmine e chi abbia azzardato il primo passo non è dato sapere, sta di fatto che Uschi si è subito dimostrata molto attenta alle passioni del padrone di casa, facendosi anche notare per le sue doti di ottima pilota. Non è dunque un mistero, come riferisce chi conosce qualche particolare della love story, che il duro Ferdinand spesso confidi agli amici di essere fiero della guida veloce della moglie alla quale, spesso, affida anche il volante dei prototipi appena sfornati dagli ingeneri di Wolfsburg. Ferdinand e Ursula, che condividono anche le origini austriache, amano passeggiare mano nella mano, come è accaduto qualche anno fa al Motor Show di Bologna quando, all’improvviso, sono sbucati nel padiglione del gruppo Volkswagen circondati da un cordone di guardie del corpo. Insomma, la bionda ex bambinaia ha fatto centro nel cuore del potente manager ed è entrata nel gotha delle mogli in carriera del grande capitalismo tedesco.
Non per questo sembra essersi montata la testa: «Con mio marito - ha affermato al termine dell’assemblea generale della Volkswagen - mi occupo delle nostre partecipazioni all’impresa; vorrei dare il mio contributo a rafforzare il successo del gruppo, e rappresentare i suoi interessi; e ho a cuore il punto di vista dei piccoli, come dei più grandi azionisti». Ursula ha quindi aggiunto di aver sviluppato una certa capacità a occuparsi delle difficoltà dell’impresa. Con la scelta di Piëch in direzione della consorte, si è subito schierato - e non poteva essere altrimenti, visto anche il maxi-compenso di 17 milioni, con undici di bonus, grazie ai risultati ottenuti nel 2011 - il ceo del gruppo Volkswagen e braccio destro del presidente, Martin Winterkorn. «È una donna estremamente competetente, che ragiona con vera mentalità da imprenditrice», il suo punto di vista. Il padre-padrone della Volkswagen, però, non è uno sprovveduto e, seppur stregato dall’ex bambinaia che ama correre in auto, ha posto delle condizioni precise: alla sua morte, Ursula avrà in mano l’impero di Wolfsburg a patto che i due non abbiano divorziato e che non si risposi. Una sorta di clausura dorata, dunque.
La favola della bambinaia diventata regina continua. Tutto è bene quel che finisce bene, almeno fino a quando il Grande vecchio a farsi carico di mantenere gli equilibri, con i giovani rampolli Piëch e Porsche in cerca di spazi sempre più importanti.

Per Ursula, intanto, si preannuncia una prova del nove: dal volante di un’Audi o di una Lamborghini, due dei dodici marchi del gruppo, probabilmente dovrà impugnare la manetta di una Ducati, l’ultima conquista dell’insaziabile marito. E non dovrà deluderlo.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica