Anche la Chiesa dovrà pagare lex Ici sugli immobili non di culto. Pare essere questa la notizia del giorno. Di più. Lenfasi con la quale viene raccontata e discussa pone la questione in una dimensione assoluta, quasi lesenzione fosse stato il problema e la sua introduzione sia ora la soluzione della crisi del Paese. La cosa è ridicola. Il gettito previsto per le casse dello Stato è di circa 600 milioni, meno di quanto un singolo cittadino, Silvio Berlusconi, ha pagato in una contesa giudiziaria a un altro privato, Carlo De Benedetti. La questione quindi non è economica, la tassa non sposterà che di un millimetro il carrozzone dello Stato sulla via del risanamento. Tanto che i commenti sfumano lanalisi tecnica e trasudano invece di soddisfazione politica e culturale: nelle parole e nei ragionamenti cè un malcelato odio verso la Chiesa e i suoi presunti privilegi.
Tutto questo sa di ingratitudine, e noi laici dovremmo sottrarci al coro laicista. In 150 anni, la Chiesa, nonostante sia stata inizialmente vessata e derubata dei suoi beni, non ha mai fatto mancare il suo contributo alla crescita dello Stato unitario, laico e spesso massone. Lo ha fatto a modo suo, per alcuni aspetti interessato, ma con una generosità senza eguali. Il suo compito era di salvare anime, ma già che cera ha salvato e fatto crescere corpi, senza fare pagare tessere discrizione e neppure chiedere preventivamente certificati di battesimo. In decenni nei quali lo Stato non arrivava praticamente da nessuna parte, milioni di italiani hanno imparato a leggere, scrivere, giocare a pallone, sono stati curati, aiutati e consolati senza pagare una lira. Ognuno di questi cittadini ha poi preso la sua strada, e i non pochi che hanno preferito non seguire quella dei Vangeli non hanno dovuto restituire nulla.
Negare o dimenticare questa storia è da disonesti. Io non sono sicuro che le nuove povertà domestiche e quelle importate con limmigrazione non abbiano più bisogno di una assistenza extra Stato che uno Stato giusto debba in qualche modo compensare.
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