Cav irritato per la Giunta: salta il pranzo con Alfano

Un big azzurro svela: "Berlusconi non ha più nulla da dire ai governativi"

Cav irritato per la Giunta: salta il pranzo con Alfano

La decisione del Pd e di Scelta civica di rendere palese il voto sulla decadenza ha fatto infuriare Silvio Berlusconi. Proprio per questo motivo, stando a fonti parlamentari vicine al Pdl, il Cavaliere avrebbe deciso di evitare di vedere a pranzo i ministri. L’appuntamento era in programma da giorni e aveva al centro il confronto sulla legge di stabilità. Ma la colazione di lavoro, confermata anche ieri da Berlusconi al vicepremier Angelino Alfano, non si terrà.

La tensione è ai massimi livelli. Democratici e centristi si sono spinti troppo oltre. Il passo compiuto in Giunta per il regolamento mina definitivamente la già precaria stabilità a cui è appeso il governo Letta. "La giornata di oggi non potrà non avere conseguenze. Daremo risposte concrete con il massimo della determinazione". Il capogruppo del Pdl a Palazzo Madama Renato Schifani è tra i primi a prendere le distanze dalla decisione della Giunta. La decisione politica presa da Pd e Scelta civica, la cui rappresentante Linda Lanzillotta è risultata decisiva, di allinearsi con grillini e Sel segna un cambiamento significativo nella maggioranza parlamentare. Tanto che nei palazzi romani ha subito preso a circolare l'ipotesi della crisi di governo. Il primo a prenderla in considerazione è il capogruppo piddino al Senato Luigi Zanda: "Non temo l’apertura di una crisi di governo: se avvenisse sarebbe un grave errore". Al Pd non interessa affatto smorzare i toni. Non a caso il segretario Guglielmo Epifani si è subito premurato di plaudire al lavoro della Giunta e di difendere la legge Severino. Un atteggiamento che avrà le sue conseguenze in parlamento. In questa chiave molti leggono la decisione di Berlusconi di far saltare il pranzo di lavoro con Alfano e i ministri del Pdl. "Il fatto è che il Cavaliere non ha più nulla da dire ai governativi", dice un big azzurro.

Nemmeno il blitz sul voto palese sembra fermare i governativi del Pdl che stanno continuando a raccogliere le adesione per il prossimo Consiglio nazionale. Stando a una delle ultime bozze in possesso dell'Ansa il documento (ancora ancora oggetto di correzioni) metterebbe al centro la stabilità di governo come "una risorsa da preservare". "Abbiamo quasi la metà del partito", ha affermato una colomba spiegando che il documento avrebbe l’adesione di 31 senatori, poco meno di 35 deputati e 280 consiglieri nazionali. Di tutt’altra opinione i lealisti: "Abbiamo i numeri. Siamo tutti con Berlusconi, ora è tempo che si schierino anche i ministri del Pdl". I ministri, però, non sono dell'idea di staccare la spina al premier Enrico Letta. "Facendo cadere il governo non si farebbe il gioco del centrodestra - ha commentato il ministro delle Riforme costituzionali Gaetano Quagliariello - noi saremmo senza leader...". "Che altro deve succedere? Tutto è ormai chiaro", ha replicato a stretto giro Raffaele Fitto.

Secondo il capofila dei lealisti,infatti, non è più "il tempo delle finzioni e delle false promesse", ma della lealtà ai "principi della democrazia" e, in particolar modo, a "una storia ventennale che non possiamo accettare di vedere trattata come un romanzo criminale".

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