Il Cav resta scettico: bravo comunicatore però è troppo vago

La strategia dopo il discorso di Renzi: opposizione senza sconti ma aperti se il governo fa le cose giuste

Il Cav resta scettico: bravo comunicatore però è troppo vago

«Bravo è bravo», dice Berlusconi che, ancora una volta, elogia il carisma e la verve di Renzi. «Poi tra il dire e il fare...». Da Arcore, dove rimarrà fino a domani, il Cavaliere valuta con i big del partito il discorso del giovane premier. Sostanzialmente - o meglio - formalmente promosso. L'ex premier apprezza l'entusiamo del piddino, il fatto che parli a braccio, che parli del Paese al Paese più che al Palazzo, la simpatia, la velocità e il piacere per la battuta. Sui contenuti Berlusconi più volte annuisce anche perché potrebbe essere il programma di Forza Italia: riforme costituzionali con abolizione del Senato, rottamazione del patto di stabilità interno che blocca gli investimenti da parte degli enti locali, pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, riduzione del cuneo fiscale, riduzione del taglio della spesa pubblica, riforma del mercato del lavoro, dichiarazione di guerra ai burocrati che mentre i governi passano restano sempre lì e riforma della giustizia con il superamento di uno scontro ideologico che dura da vent'anni. «Sono le cose che ho sempre detto pure io», ammette il Cavaliere. Renzi gli piace. Soprattutto perché è un comunicatore formidabile; perché ha coraggio; perché è giovane e determinato. Quindi «Bravo. Funziona».

Ma c'è il «ma». È soprattutto parlando con i suoi che l'ex premier comincia a valutare con altre lenti quanto detto da Renzi in Aula. E lo scetticismo si fa via via più denso: «È vero: è stato vago, troppo vago», ammette con i suoi. Insomma, gli obiettivi sono buoni ma sul percorso per raggiungerli le lacune sono molte, troppe. Tanto che il consigliere politico Giovanni Toti sintetizza il pensiero berlusconiano senza far sconti al neo premier: «Dopo il discorso di Renzi attendiamo fiduciosi il programma di governo». Oltre a Toti tutta Forza Italia compatta affonda il coltello sulla poca concretezza del discorso renziano. «In ogni caso la linea non cambia: opposizione senza sconti ma aperti se fa le cose giuste» è l'input che parte da Arcore dove, fanno sapere, «Berlusconi ha apprezzato la forma e l'entusiamo del premier. Ma sui contenuti ci sono troppe lacune». L'apertura di credito a Renzi è solo per metà e fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio. Per cui sarà pollice verso sul governo nella speranza che arrivino provvedimenti in linea con il pensiero forzista; in quel caso alcune norme si potranno anche votare; o comunque si potrà evitare la guerriglia parlamentare. Troppo presto per fidarsi di quello che, per ora, resta solo sulla carta e per di più disegnato senza contorni ben definiti e senza né cifre né necessarie coperture.

In più, Berlusconi continua a temere il trappolone sull'Italicum. Se è vero che il premier in Senato ha ribadito l'urgenza di approvare la legge elettorale, è anche vero che è stato ambiguo sui tempi dell'entrata in vigore della stessa. Legarla all'approvazione della riforma di Palazzo Madama vorrebbe dire rischiare di rimandarla alle calende greche e comunque disinnescarla: un regalo ad Alfano e ai piccoli partiti che hanno sempre ingolfato il Paese per i loro interessi particolari. Ecco perché, al netto dell'apprezzamento per come Renzi sa intercettare la voglia di cambiamento nel Paese, in Berlusconi c'è anche la paura che il premier si faccia ingabbiare dai cespugli e dalla minoranza del Pd.

«I patti si rispettano», continua a ripetere il Cavaliere; e se sulla legge elettorale Renzi va incontro ai desiderata degli alfaniani significa che si rimangia la parola data. Insomma, il patto del Nazareno si deve rispettare alla lettera altrimenti perderà la faccia davanti all'Italia intera.

Roma

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