Cronache

Che vergogna, in nessun Paese un assassino ha tanti privilegi

Il serial killer ha approfittato dei permessi premio per evadere cinque volte. Conferma che la nostra giustizia è malata

Che vergogna, in nessun Paese un assassino ha tanti privilegi

È la solita Italia: ciascuno va per conto suo e tutti insieme vanno allo sbaraglio. Il cittadino medio si chiede come sia possibile che a un personaggio come Gagliano sia stato concesso un permesso premio. Ma è una domanda vana: il direttore del carcere non sapeva di avere a che fare con un serial-killer, ma con un rapinatore. Eh sì, perchè Gagliano aveva più di una virtù: nel suo curriculum ci sono omicidi, rapine, estorsioni, possesso di stupefacenti. E invece a Marassi sapevano solo un pezzo del suo prestigioso pedigree e, a quanto pare, pure il magistrato di sorveglianza conosceva solo uno spicchio del suo tenebroso passato. E poi era seguito da un pool di esperti che aveva certificato l'immancabile cambiamento; peccato che per le forze dell'ordine invece Gagliano sia molto pericoloso. E in effetti ha bloccato uno sventurato automobilista sventolandogli una pistola. Insomma, tutto e il contrario di tutto. Approssimazione. Superficialità. La solita cornice dolciastra di buonismo che tanti guasti ha provocato nel nostro Paese. Difetti di comunicazione nella catena burocratica, sempre farraginosa. Sono i soliti, quasi incredibili problemi dell'Italia che è entrata nel ventunesimo secolo con la coda ancorata all'epoca borbonica. Attenzione: Bartolomeo Gagliano ha massacrato una prostituta sfondandole il cranio con una pietra. Poi ha ammazzato un transessuale e un travestito. E in una carriera senza freni in cui non si è fatto mancare niente, ma proprio niente, era già evaso: dall'ospedale psichiatrico di Montelupo Fiorentino. Risultato: gli hanno dato pure il permesso. E lui l'ha allargato, recuperando la libertà. Davvero, e senza voler buttare la croce addosso a qualcuno, cascano le braccia. Troppe cose, troppi passaggi non tornano. È facile prevedere un'indagine, magari pure un'ispezione che in Italia non si nega a nessuno, poi attenderemo con muta rassegnazione la prossima fuga. Intendiamoci: nessuno vuole mettere in discussione i meriti della riforma Gozzini e la straordinaria utilità del lavoro esterno e nemmeno si vuole mettere fra parentesi il penoso stato delle carceri italiane, con la conseguente politica emergenziale che ha portato giusto l'altro ieri all'ennesimo decreto “svuota carceri“. Solo che questi drammi paiono pagliuzze davanti a una vicenda del genere: un cumulo di contraddizioni insanabili. Una sconfitta per tutto l'apparato repressivo. L'ennesima conferma che ciascuno di noi, sui marciapiedi delle città, può imbattersi in un pericolo pubblico, mascherato, ma neanche poi tanto, da agnello. E gentilmente accompagnato al portone della prigione, fra perizie, consulenze, infermità mentali accertate da una moltitudine di esperti. Sarà retorica, ma non si può non notare che Gagliano ha tagliato la corda nel giorno in cui la magistratura, la stessa che gli aveva concesso la gita a casa, ha negato a Silvio Berlusconi la possibilità di andare a Bruxelles, non in un'isola dei Caraibi, per un appuntamento politico del Partito Popolare Europeo. Davvero, a volte si ha la sensazione di vivere in un mondo alla rovescia, in cui prima ancora delle leggi è il buonsenso a finire a testa in giù. E ci vorrebbe una riflessione terra terra su quella farsa chiamata certezza della pena: Gagliano ha sulle spalle tre morti, un'infinità di reati e turbinio di scarcerazioni, una pure per l'immancabile indulto, e ingressi attraverso le porte girevoli del nostro sistema penitenziario. Tranquilli: lo riprenderanno, anzi «si costituirà», come ci fa sapere l'impagabile direttore del carcere.

Poi lo rimetteranno fuori.

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