Cronache

"Le scuse del Papa rendono la Chiesa più potente"

Parla Cesare Cavalleri, direttore di Studi cattolici: "Si tratta di un passo non obbligatorio. Forse in futuro nessuno lo ripeterà"

"Le scuse del Papa rendono la Chiesa più potente"

«Se il sindaco di Milano, Pisapia, chiedesse scusa per le nefandezze di Lodovico il Moro sarebbe assurdo, ma per la Chiesa è diverso: la Chiesa è una continuità, dagli apostoli riuniti nel Cenacolo al Sinodo dei vescovi che si riunirà a ottobre, è un tutt'uno, è il corpo di Cristo». Così Cesare Cavalleri, storico direttore del mensile Studi cattolici e della casa editrice «Ares», intellettuale di spicco del mondo cattolico, giustifica le «scuse» per il suo passato che la Chiesa cattolica ha iniziato a fare con il santo Giovanni Paolo II e che ieri Papa Francesco ha rinnovato per quanto riguarda i preti pedofili.

Quando il 12 marzo del 2000 Giovanni Paolo II organizzò la «Giornata del perdono» chiedendo scusa per gli errori commessi da uomini di Chiesa nell'arco di Duemila anni, fu uno choc anche per molti cattolici.
«Certo, fu uno choc perché nessun altro lo aveva fatto prima però se il Papa ha ritenuto di farlo, vuol dire che era venuto il momento. La Chiesa è una continuità ed è - come si diceva una volta - una società visibile, quindi è giusto che il Papa si faccia carico anche dell'indegnità di alcuni suoi predecessori, ma con una importante distinzione».

Quale?
«Tra la Chiesa, che è tutta bella, senza macchia, perché è il Corpo di Cristo, e gli uomini di Chiesa che non sempre sono all'altezza. In fondo siamo tutti peccatori. Il perdono chiesto da San Giovanni Paolo II riguardava gli uomini di Chiesa non la Chiesa in quanto tale».

Ma se tutti siamo peccatori, quando scatta il momento in cui il Papa deve chiedere scusa per quanto commesso dai cattolici?
«Chiedere scusa non è obbligatorio, dipende dalla sensibilità e dall'opportunità. Prima di San Giovanni Paolo II nessuno lo aveva fatto, forse in futuro nessun altro riterrà di doverlo fare».

Da diversi ambienti cattolici questa «smania» di San Giovanni Paolo II di chiedere perdono fu molto criticata, può apparire come un segno di debolezza, soprattutto quando altri hanno commesso cose ben peggiori nella loro storia.
«È invece un segno di superiorità. Se l'obiettivo è la pacificazione, a chiedere scusa per primo deve essere chi ha ragione, perché è in una posizione di forza. Dovrebbe essere così anche fra marito e moglie. Poi è vero che anche altri dovrebbero chiedere scusa, i luterani ad esempio avrebbero molte cose da farsi perdonare, ma non si può pretendere la reciprocità».

Anche per la pedofilia molti altri oltre alla Chiesa dovrebbero chiedere scusa.
«Non c'è dubbio, ci sono molte altre istituzioni che hanno responsabilità enormi nella pedofilia, ma ripeto: non ha senso chiedere la reciprocità, quello che conta è fare la cosa giusta. Papa Francesco ha fatto bene a chiedere scusa, bisogna fare quello che è giusto. Poi gli altri si spera che prendano esempio».

Parlando di peccati attuali, oltre alla pedofilia, tiene oggi banco l'appartenenza alla mafia, il Papa ha usato parole forti arrivando a parlare di scomunica.
«Premesso che il Papa ha usato quella parola per sottolineare la gravità del peccato e non per comminare una sanzione canonica, io dico che ci vorrebbe davvero qualche scomunica, ma ad personam: dopo aver preso visione delle reali colpe e constatato che non c'è pentimento. Così si educa alla conversione, così ognuno è messo davanti ai propri atti».

A proposito di mafia, quanto sta accadendo nel Sud - dalla richiesta di abolire i padrini nei battesimi alle processioni con “inchino” al boss locale - sta anche facendo emergere una certa commissione tra ambienti ecclesiali e malavita organizzata. Forse anche qui ci starebbe bene qualche scusa.
«Eh sì, sarebbe bello che qualche vescovo chiedesse scusa, o anche il Papa. Poi, personalmente abolirei tutte quelle processioni, mi sembrano ormai un fatto folcloristico che con la religiosità non ha più niente a che fare. E non solo per gli “inchini” ai boss».

Abolirebbe anche i padrini nei battesimi, per evitare strumentalizzazioni mafiose, come ha chiesto il vescovo di Reggio Calabria?
«Al contrario, sta ai parroci e ai vescovi fare opera di discernimento.

Il problema è cogliere l'occasione di un battesimo per dare una formazione religiosa, per spiegare il valore del sacramento e poi valutare l'idoneità di padrini e madrine».

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