Politica

"Una cifra spropositata". Il super cachet al critico imbarazza i vertici Expo

Il mondo dell'arte si ribella per l'incarico da 750mila euro assegnato a Celant. La replica: "Progetto da realizzare ex novo"

Lo storico e critico d'arte Germano Celant
Lo storico e critico d'arte Germano Celant

Proprio non ci voleva. Nel giorno in cui il ministro per i Beni culturali Dario Franceschini presenta il suo progetto di Art Bonus, ovvero il credito d'imposta fino al 65 per cento per le donazioni di privati a fini di manutenzione, restauro e rilancio di opere e beni culturali pubblici, il caso Expo-Celant è uno sfregio sul disegno di legge. Altro che favorire il decollo del mecenatismo e delle sinergie tra imprese private e enti pubblici. Se i soldi faranno la fine delle numerose consulenze distribuite da Expo 2015 con «procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando», sarà difficile convincere gli imprenditori ad investire nella cultura. Il compenso di 750mila euro più Iva al qualificatissimo critico d'arte Germano Celant per la «Curatela e la direzione artistica dell'Area Tematica Food in Art» rivelato ieri dal Giornale è un assoluto sproposito. Per capirci, per dirigere la sezione Arti Visive della Biennale di Venezia, la più importante esposizione d'arte contemporanea del pianeta, Massimiliano Gioni ha percepito la cifra di 120mila euro. Cachet identico per il suo successore, Okwui Enwezor, anche lui titolare di un curriculum indiscutibile, da poco nominato per il 2015.

Expo sembra non ravvedersi sulla via degli sprechi. Dopo l'emergere della cupola tangentara di larghe intese, è stato affidato al commissario governativo Raffaele Cantone il compito di monitorare uso delle risorse e procedure di appalti. Visti i precedenti, l'assegnazione senza concorso quindi a discrezione degli organi dirigenziali, non favorisce certo una sensazione di fiducia e trasparenza. Interpellati su criteri di assegnazione dell'incarico e relativa parcella, i dirigenti di Expo ribattono che l'intero progetto dell'Area Tematica Art & Food «è da realizzare ex novo». Si tratta di un lavoro «che comprende l'ideazione, la realizzazione e la curatela totale facendosi carico della macchina produttiva della mostra». Inoltre, il contratto prevede che Celant «si avvalga per la propria attività e sotto la propria direzione (nella somma di 750mila euro per tre anni - in realtà, due e mezzo, ndr) del contributo di un team di oltre 8 persone composto da assistenti, professionisti e collaboratori qualificati selezionati ad hoc». Ma per Demetrio Paparoni, critico d'arte, docente universitario, editore e curatore di esposizioni internazionali «non c'è impegno o spese personali da sostenere che possano giustificare una parcella di quel tipo». In una lunga lettera inviata al sito dell'autorevole rivista Artribune e indirizzata al sindaco di Milano Giuliano Pisapia, al Commissario unico di Expo, Giuseppe Sala e al già citato Cantone, Paparoni osserva che l'entità del cachet di Celant è «fuori da ogni ragionevole parametro». In realtà, tra le tante chiacchiere che circolano attorno a questa vicenda, c'è quella che «tale cifra sarebbe giustificata dal fatto che il critico avrebbe trovato personalmente degli sponsor per la mostra... Se fosse così fosse, sarebbe stato più corretto fargli due contratti distinti, uno come agente procacciatore e uno come curatore». Sta di fatto che i 750mila euro non sono stati corrisposti «come percentuale sugli importi ricavati dagli sponsor, ma per curare una mostra».

Ieri il ministro Franceschini ha annunciato che telefonerà personalmente agli imprenditori per convincerli a trasformarsi in mecenati per i beni culturali italiani. Meglio che cominci da quelli che non conoscono il caso Expo-Celant..

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