Compagno Monti

Esalta la "gloriosa storia del Pci". Ma con lui ha chiuso un'azienda al minuto

La deriva a sinistra di Mario Monti pare inarrestabile. Ieri il premier e candidato premier di se stesso, di Fini (più noto come il cognato di Tulliani) e di Casini (quello dei parenti in lista) ha esaltato la «gloriosa storia comunista» del Pd. Che cosa ci sia stato di glorioso nel comunismo ci sfugge. È stata, quella comunista, la più feroce e criminale ideologia del secolo scorso. E in Italia il Pci l'ha sostenuta con forza, prendendo parte attiva nei misfatti dell'Unione Sovietica, dalla quale fu finanziato in nero per tramare e complottare contro di noi e le libertà dell'Occidente tutto. E ancora: sono schegge impazzite di quell'area, i famosi «compagni che sbagliano» che hanno insanguinato l'Italia nella stagione degli anni di piombo.

Poco importa, come ha detto sempre ieri Monti, che il Pd si sia gradualmente allontanato da quella storia. Perché la strada da compiere è ancora lunga. Il suo gruppo dirigente non ha mai fatto una autocritica piena e sincera, ha ancora in tasca la tessera del Pci, rivendica con orgoglio il passato e ancora oggi cerca soci da quella parte: da Vendola ai nuovi comunisti fino al nuovo entrato Ingroia.

Perché Monti abiuri il liberismo e coccoli il comunismo non è un mistero. Sondaggi alla mano, se vuole mantenere una poltrona deve attaccarsi come una cozza a Bersani e soci e sperare in una alleanza post elettorale. Anche perché, col passare del tempo, la verità sulle sue presunte doti di salvatore della Patria sta venendo a galla con cinica precisione. È di ieri la notizia che durante il suo anno di governo, in Italia ha chiuso un'azienda al minuto, massacrata da tasse e mancanza di consumi. Un record non male per l'ex presidente della Bocconi, scuola di economia e liberismo. Che ora ci vorrebbe trasportare nelle mani di ex, post e neo gloriosi comunisti.

Già ce lo vedo sul palco di qualche piazza a intonare «Bella Ciao» insieme con Vendola, Ingroia e Bersani. Ovviamente in loden e con traduzione simultanea per mantenere il prestigio internazionale. Perché lui è Monti e noi no. Per fortuna.

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