nostro inviato a Spoleto
È il nemico giurato di Bankitalia e dei suoi ispettori. Il primo presidente di Banca, e poi della controllante Fondazione, ad esser stato «commissariato». È ovviamente indagato dalla procura locale. L'uomo nero per eccellenza (e non solo per le sue antiche origini missine) è Giovanni Antonini, dominus della Banca Popolare di Spoleto, istituto al centro di un groviglio armonioso di interessi e appetiti che
hanno visto intrecciarsi poteri forti e istituzionali, da Roma a Siena, da Perugia alle Coop.
Ce l'hanno con lei
«Non con me. Con la mia banca. Qualcuno vuole mettere le mani sul gioiello del credito che in dieci anni ho creato e plasmato, passando dai 35 sportelli del 2001 agli oltre 100 di oggi, con 150mila clienti e anche ricca, con 3 miliardi di depositi e 3 di impieghi: per questo è appetibile. E alla fine ce l'hanno fatta. Ma io non mollo. Combatto».
Bankitalia nelle relazioni descrive una situazione complicata tanto che ha commissariato prima la Banca e poi la Fondazione
«Non voglio parlare di Mps, banca e fondazione intendo, che con tutti i miliardi buttati e i bilanci catastrofici è stata salvata. Sarebbe impietoso. Non ricordo altri duplici commissariamenti, e la cosa fa riflettere. Siamo l'ultima banca autonoma dell'Umbria, vicina a chi produce, alle famiglie, ai giovani, categorie a cui non abbiamo mai smesso di erogare aiuti. Anche per questo siamo stati criticati dagli ispettori di Bankitalia».
Pensa a una sorta di «complotto» che parte da Roma?
«Io non penso niente, certo è che dalla documentazione scritta in mio possesso non posso non notare un accanimento inspiegabile di Bankitalia rispetto al nulla fatto su altre situazioni molto ma molto peggiori della nostra, e un comportamento di Mps che sembra avvalorare la tesi che si vuole scippare la Bps per darla alle coop».
Gli ispettori di Bankitalia arrivano a chiedere uno svecchiamento della Popolare di Spoleto.
«E lo hanno ottenuto, scrivendo cose che contesto punto su punto, dati alla mano. Abbiamo 30 milioni di rosso, verissimo. Chi non li ha? Ci sono istituti con 500 o 900 milioni, e non si fa niente, per non parlare dei miliardi del solito Monte dei Paschi. Nell'ultima ispezione il capo degli ispettori mi disse chiaro e tondo: O ti dimetti subito oppure farò una relazione molto pesante. Io non mi sono dimesso, e lui è stato di parola».
La politica che ruolo ha in questa storia?
«Formalmente è stata sempre a guardare. Noi l'abbiamo tenuta sempre fuori dalla banca. Col Pd ottimi rapporti fino al 2010, col mondo della sinistra idem tant'è che il presidente delle coop era mio vicepresidente. Poi, improvvisamente, da che andavamo d'amore e d'accordo, è successo qualcosa: Bankitalia ha iniziato con le ispezioni, coop e Mps hanno abbandonato la banca con la quale mai avevano discusso, la procura ha aperto un'inchiesta, è stata lanciata un'Opa per subentrare con la stessa coop. Boh. Non voglio trarre conclusioni affrettate però ci si dovrebbe domandare a livello politico, e soprattutto di Consob, perché succede tutto insieme. Parlo a difesa dei 20mila azionisti di una società quotata alla Borsa di Milano, la prima ad essere commissariata».
Torniamo a Montepaschi
«I rapporti erano ottimi con i precedenti amministratori, con Profumo poi sono precipitati. E forse per una vecchia ruggine tra noi. Una storia di 15 anni fa. La Popolare di Spoleto faceva parte del Credito italiano da dove a un certo punto uscimmo contro la volontà di chi la voleva acquisire, cioè Profumo. Ne uscimmo con una plusvalenza di 25 miliardi perché comprai le quote di Bps nel Ci a 70 miliardi e la rivendetti una settimana dopo a Mps a 95. Un'operazione straordinaria per lo sviluppo futuro della Popolare di Spoleto e per il mantenimento della sua autonomia. Da quel giorno, però, Profumo non mi sopporta. Sarà un caso, ma col suo arrivo Mps si è immediatamente sfilata».
E la morale qual è?
«Resistere ai grandi gruppi e a Bankitalia non è facile, ancor meno quando ti piomba addosso anche la magistratura e i giornali ti attaccano. Mi hanno fatto fuori da tutto, ma sto facendo le mie mosse per fermare questo scandalo. È Davide contro Golia, vedremo».
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