La creatura azzurra alla prova più dura: "Avanti nel suo nome"

Nato da un'intuizione geniale, premiato dal successo fin dalla prima competizione elettorale, il movimento carismatico che ha segnato la Seconda Repubblica è chiamato a una sfida epocale: sopravvivere al suo leader. Il compito chiave del coordinatore Tajani, l'ipotesi di garanti, il ruolo della first lady

La creatura azzurra alla prova più dura: "Avanti nel suo nome"

«Era un amico, un fratello maggiore per me». Così il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. «Il lato umano è quello che conta di più. Aveva sempre una parola per noi, per i nostri figli aggiunge - Io porto al polso il suo orologio, porto la sua cravatta, è sempre stato così. Quando ho perso i miei genitori nessuno ha fatto quanto ha fatto lui» «Siamo in trance. Siamo distrutti come italiani», dice paolo Barelli, capogruppo Fi alla Camera. Si chiude un periodo incredibile, che ha vissuto modificazioni nella vita del Paese, dalla comunicazione al rinnovamento della politica. Sono rimasto in contatto con lui fino alle ultime ore. Siamo increduli davanti al fatto di non poterlo sentire nelle prossime ore» «Un papà eccezionale, un figlio devoto, un leader politico come non ce ne saranno mai più. Questa notizia strappa il cuore e mi lascia impietrita dal dolore. Perdo un pezzo della mia vita e un secondo padre. È stato un onore e un privilegio camminare al suo fianco. Addio, come l’ho sempre chiamata, Dottore», dice Licia Ronzulli, capogruppo Fi al Senato «Storditi dal dolore, pari a quello della morte di un padre - tale è stato per tanti di noi - resta l’onore e l’orgoglio di avere avuto la sua fiducia e la sua amicizia, senza mai tradirla e onorandola nei giorni della gloria, tanti, e soprattutto in quelli dell’amarezza, quando alcuni si dileguavano», afferma il senatore azzurro Maurizio Gasparri n leader, un imprenditore e un personaggio unico e irripetibile, certo. Ma anche il creatore di un partito nato dal nulla se non dalla scintilla, l’idea e il desiderio di riscrivere le regole e dare una casa politica a quella maggioranza di italiani ritrovatasi improvvisamente orfana di una casa politica, travolta dalla tempesta di Tangentopoli.

Il nome di Silvio Berlusconi è indissolubilmente legato alle sue creature, realtà che hanno cambiato l’Italia, segnato un’epoca, dettato improvvise accelerazioni e costretto gli altri a rincorrere, interrogarsi, adattarsi e mettersi al passo di un competitor dai numeri fuori dall’ordinario. Da Fininvest a Mediaset, da Milano 2 al «suo» Milan scintillante e visionario, Berlusconi è sempre stato il demiurgo e l’artefice del suo personale universo.

Difficile però immaginare un salto quantico come quello imposto alla politica con la nascita di Forza Italia. Un progetto trasmesso inizialmente a pochi collaboratori, magari scettici, increduli o dubbiosi, ma incapaci di resistere a quell’aura del Cavaliere che coinvolge, avvolge, rassicura e conquista. È il 18 gennaio 1994 quando nello studio romano del notaio Colistra viene depositato l’atto costitutivo del nuovo movimento politico. Tra i soci fondatori anche Antonio Tajani, l’uomo su cui ora ricade ha l’onore e l’onere di continuare il percorso del fondatore. Il 26 gennaio 1994, ore 17.30. Reti unificate, poche parole: «L’Italia è il paese che amo». È il discorso della discesa in campo, Berlusconi scrive in diretta la storia e conferma le voci nate fin dall’inaspettata dichiarazione a supporto di Gianfranco Fini, candidato sindaco a Roma, il prologo dell’epopea berlusconiana. È la nascita del partito carismatico, costruito su una personalità fuori dal comune, su una domanda rimasta fino a quel momento inascoltata e su un nome che richiama successi calcistici, voglia di cambiare, orgoglio di appartenenza. Una operazione che nel giro di pochi istanti rende l’offerta partitica presente e passata obsoleta, divide la politica in un prima e un dopo. Il successo va oltre ogni previsione. Ma il centrodestra è ancora un laboratorio acerbo, una squadra alla ricerca di amalgama, un contenitore di identità diverse e irriducibili. Il governo cade e inizia la traversata del deserto. C’è chi dichiara l’esperienza di Forza Italia giù conclusa e prevede una implosione. Niente di più sbagliato. Nel 2001 il centrodestra rivince le elezioni e gli azzurri ottengono il 29% dei consensi. Berlusconi resta a Palazzo Chigi per cinque anni consecutivi, un miracolo per gli standard italiani.

Nel 2006, sempre per una manciata di voti, Forza Italia torna all’opposizione. Ed è proprio durante il secondo governo Prodi che Berlusconi con il «discorso del predellino» pone le basi per la nascita del Popolo della Libertà che manda in soffitta Forza Italia per un quinquennio. Ma il Cavaliere, dopo le Politiche del 2013, decide di ritornare alle origini e riprende in mano le sorti del partito. Ancora una volta i profeti di sventura prevedono la dissoluzione e ancora una volta vengono smentiti.

Ora però tutto cambia. Forza Italia è chiamata alla prova più dura: sopravvivere senza Silvio Berlusconi. Un’idea quasi impossibile da concepire. Il partito è sotto choc. Nessuno aveva previsto il precipitare degli eventi. Lo stesso Antonio Tajani era partito per la delicata missione negli Stati Uniti, dalla quale è stato obbligato a rientrare in anticipo. «Abbiamo il dovere, come Forza Italia, di lavorare e andare avanti e lo faremo», è la promessa del ministro degli Esteri e coordinatore azzurro. Quella di Tajani sarà dunque una reggenza, il segno più logico e naturale della continuità con la storia di Forza Italia, una personalità di livello internazionale e di garanzia a sostegno del governo. Non è escluso che anche Gianni Letta possa riprendere un ruolo più forte come consigliere. Così come resta naturalmente in campo Marta Fascina, a fianco dell’ex presidente del Consiglio fino all’ultimo e che può contare sull'apporto di dirigenti emergenti come Alessandro Sorte, Tullio Ferrante, Stefano Benigni Alessandro e Battilocchio.

Il lavoro sarà programmato in vista delle Europee, la prima campagna elettorale in cui non si potrà contare sul carisma del leader. Oggi dovrebbe riunirsi il Comitato di presidenza per l’approvazione del bilancio, ma la testa di tutti è solo sui funerali in Duomo. «Dobbiamo innanzitutto elaborare il lutto e non sarà facile», spiegano. Resta il desiderio di continuare il lavoro del fondatore, ripartendo dalla sua etica del lavoro. Un impegno che non è mai venuto meno fino alle sue ultime ore di vita.

Giovedì scorso ad Arcore, nonostante una stanchezza che faceva fatica a mascherare, aveva trascorso con Catia Polidori e Marta Fascina quattro ore dedicate alla riorganizzazione e al rilancio di Azzurro Donna, aveva guardato le foto dell’evento organizzato alla Camera in memoria di Jole Santelli e aveva espresso un desiderio: quello di presentarsi come capolista in tutte le circoscrizioni alle prossime Europee. Un attaccamento feroce alla vita e al lavoro che resta forse l’eredità più forte di quest’ultima, dolorosa stagione in cui non ha mai smesso di riflettere su come proiettare Forza Italia nel futuro.

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