Cresce il fronte anti Renzi Ma lui vola nei sondaggi

Bersani vuol cambiare le regole interne, Sposetti svuotare la cassa: le mille anime del Pd sono d'accordo solo sull'urgenza di frenare la corsa del sindaco di Firenze

Cresce il fronte anti Renzi Ma lui vola nei sondaggi

Nel Pd è tutto un soffiare di correnti e «spifferi», come li chiama Matteo Renzi. In vista di una scadenza epocale ma ancora del tutto evanescente: un congresso che non si sa né quando né come si terrà. Se si terrà.
Si organizzano i bersaniani (obiettivo: impedire a Renzi di fare qualsiasi cosa) ma si organizzano anche gli ex Pci guidati da Ugo Sposetti (obiettivo: svuotare la cassa e - se mai Renzi dovesse scalare la segreteria - fargli trovare solo le quattro mura). Il loro timore è - tra il governo di larghe intese guidato da Enrico Letta e un futuro Pd a trazione renziana - di perdere definitivamente identità e insediamento politico e di potere. Renzi viene visto come un pericoloso corpo estraneo: «Va bene per un Pd non più di sinistra - dice l'attore Claudio Amendola intervistato da Huffington Post - e se diventerà leader lui ci sarà probabilmente una diaspora a sinistra. E forse ci sarà lo spazio per ricreare un partito di sinistra che abbia un peso all'opposizione».
Si organizzano i post-Dc di rito franceschiniano, quelli di rito lettiano, quelli fioroniani; si muove Massimo D'Alema (che lunedì riunisce alla sua Fondazione tutti i potenziali leader del Pd, da Renzi a Cuperlo a Barca a Epifani); si muovono Walter Veltroni, che avverte: «Le regole per la leadership non vanno cambiate»; Goffredo Bettini; Nicola Zingaretti.
Più le quotazioni del sindaco di Firenze salgono nella pubblica opinione (e ieri la Swg registrava un clamoroso sorpasso: con il 60% di consensi, Renzi supera per la prima volta Napolitano, da sempre in testa nella fiducia degli italiani; e lo stesso sondaggista Weber ammette: «Non ricordo uomini politici che abbiano la fiducia che ha Renzi oggi»), più nel suo partito si affannano per fermarlo, condizionarlo, commissariarlo, indebolirlo, frenarlo. L'ala ex Dc, Letta e Franceschini in testa, è tutta concentrata sul governo e su come farlo sopravvivere più a lungo possibile, e Renzi viene visto come una pericolosa variabile incontrollata. Così come l'attivismo bersaniano (e le esternazioni dei suoi fidi nel governo, come Fassina e Zanonato) vengono viste come un pressing che può destabilizzare i fragili equilibri di Palazzo Chigi: «Chi fa parte del governo deve restare impermeabile a pressioni di carattere politico», dicono dalle parti di Letta. Il loro tentativo è quello di spostare più in là possibile la convocazione del congresso. Per questo, in accordo con Epifani, stanno studiando un percorso diluito e cloroformizzato per le assise, da iniziare nel 2013 e da concludere in pieno 2014, quando tra elezioni europee e avvio del semestre di presidenza italiana della Ue ogni ricorso al voto anticipato sarebbe escluso. Un congresso «in due fasi, su modello sindacale», spiegava ieri il ben informato sito del Retroscena, che veda prima la discussione delle «tesi» programmatiche e poi - quando tutti si saranno addormentati profondamente - il passaggio alle candidature. I bersaniani, invece, sono concentrati sulla necessità di cambiare le regole per bloccare Renzi, e lunedì daranno battaglia nella commissione Statuto, cercando di far eleggere presidente il fido Zoggia. Ma la corrente dell'ex segretario non è riuscita a coagulare un fronte comunque con franceschiniani e dalemiani contro il sindaco e perde pezzi al suo interno.

Ieri il ministro dell'Ambiente Andrea Orlando ha bollato come «errore» il documento anti-Renzi firmato da Stefano Fassina ed altri fedelissimi di Bersani: «In quel testo - nota - manca una seria autocritica sul perché tutti quanti, compreso il sottoscritto, non siamo riusciti a fare le cose che avevamo promesso al Congresso e quando Bersani è diventato segretario del partito».

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