Dalle automobili, nemmeno tanto veloci, alle lumache. Dieci chilometri più in là di Termini Imerese, il comune del palermitano noto per le tristi vicende legate allo stabilimento Fiat, oggi sorge il più grande allevamento italiano di chiocciole. Dove non c'è nessuna crisi: il 2013 si è chiuso con un fatturato di circa 300mila euro, e con 15 milioni di prodotto venduto, prevalentemente in Italia, più una quota di esportazioni all'estero (soprattutto in Spagna e Francia, dove di lumache se ne intendono) di circa il 10 per cento. Non ci sono linee di produzione, ma solo terreni a cielo aperto e serre. E non si parla di esuberi o salvataggi, ma si organizzano corsi di formazione e consulenze per nuovi elicicoltori.
Tutto merito di tre ragazzi, under 35, che hanno deciso di scommettere su un'attività in proprio ancora poco battuta in Italia, sebbene in espansione (nel nostro Paese si consumano circa 380mila quintali all'anno di lumache, i primi allevamenti sono nati 35 anni fa, sono in aumento, ma più del 90 per cento delle lumache che mangiamo è ancora importato dall'estero). È passato più di un lustro da quando Davide Merlino, il suo amico di vecchia data Michelangelo Sansone e il fratello di quest'ultimo, Giuseppe, si sono lanciati nel settore, non senza correre rischi, partendo da un'intuizione di Michelangelo, che all'epoca frequentava un corso per imprenditori agricoli. La società vera e propria è stata costituita un po' dopo, nel 2009. Quando i tre amici hanno trovato, a Campofelice di Roccella, comune di poco più di settemila anime ai piedi delle Madonie, dove sono nati e cresciuti, il luogo giusto per realizzare il loro progetto.
Due ettari di terreno, dove sorge l'impianto, e 77 recinti in cui allevano diversi tipi di chiocciole, anche se il loro fiore all'occhiello è la «lumaca madonita», una specie particolare, nata dal mix tra l'escargot francese e la lumaca autoctona siciliana. Un incrocio fortunato, da cui viene fuori un animale dal sapore intenso e caratteristiche estetiche che hanno poco da invidiare alle cugine d'Oltralpe. Allevamenti «a campo aperto», sfruttando il clima felice di questo angolo di Sicilia affacciato sul mar Tirreno, e con un metodo biologico che i titolari de «La Lumaca Madonita» hanno perfezionato a poco a poco, arrivando anche a coltivare gli ortaggi necessari al nutrimento delle chiocciole, come bietole e cavoli. Vendono, oltre ai grossisti nei mercati, anche a ristoranti, agriturismi, singoli comuni che organizzano sagre, acquirenti privati. Direttamente in azienda, ma anche online, con spedizione in tutta Europa «in 48 ore», promette il loro sito internet, che coniuga alla simpatia di immagini e grafica la completezza d'informazioni.
Da quando hanno iniziato, investendo circa 70mila euro - i risparmi di tutti e tre, fino all'ultimo centesimo, messi assieme, più alcuni finanziamenti da parte delle banche - Davide, Michelangelo e Giuseppe hanno fatto passi da gigante. Da due anni collaborano con il dipartimento di Scienze biologiche dell'Università Federico II di Napoli per lo studio delle patologie delle chiocciole. Oggi hanno avviato nuovi allevamenti, realizzati con il loro metodo, in altre parti d'Italia, Grecia e Bulgaria, e aperto alla produzione sul fronte dei trasformati, come zuppe, conserve e il caviale di lumaca (sono gli unici a produrre quest'ultimo in tutta Italia).
Il passaggio successivo sarà quello dei cosmetici a base di elicina, la sostanza contenuta nella bava di lumaca, già nota e usata da molte grosse case per i suoi comprovati effetti contro rughe e macchie del viso. Insomma, un esempio di eccellenza giovane ed ecologica, sarà forse per questo che nel 2013 hanno vinto il premio «Oscar Green» di Coldiretti.Twitter @giulianadevivo
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