RomaAll'indomani del confronto tv tra i tre caballeros del Pd, la tensione in casa renziana è altissima. La preoccupazione di Matteo Renzi è una sola: l'affluenza alle urne delle primarie.
Ieri ha lanciato il rush finale: una «mobilitazione straordinaria» per il 7 dicembre, vigilia delle primarie: «Mille piazze per mille persone. Raggiungiamo un milione di persone. Tutti insieme». E chiede ai suoi supporter di attivarsi: «Porta dieci persone a votare. E l'Italia proviamo a cambiarla insieme. Perché uno da solo non ce la fa».
Il verdetto dell'Auditel è impietoso: il match televisivo ha incassato solo il 2,67% di share contro il 6,17% del duello Renzi-Bersani. Le primarie non tirano, stavolta. Le ragioni non sono difficili da capire: intanto, quelle del 2012 erano alla vigilia di elezioni che la sinistra era convinta di vincere, si votava per scegliere un premier, e la mobilitazione sia organizzativa che spontanea fu massiccia. Stavolta i postumi della clamorosa sconfitta di aprile demotivano la partecipazione, come il fatto che ci sia già un vincitore annunciato, che farà «solo» (per ora) il segretario del Pd. Non ci sono elezioni alle viste, e c'è in carica un governo che induce una profonda depressione nella base Pd. Tanto che i suoi picchi di popolarità Renzi li ha ottenuti quando ha attaccato senza remore l'esecutivo Letta-Alfano.
Negli ultimi giorni, invece, il sindaco - seriamente preoccupato per le trappole mortali che l'asse Letta-Napolitano dissemina e disseminerà sul suo cammino - è apparso troppo cauto e buonista con un governo che gran parte degli elettori democrat vorrebbe dimenticare al più presto.
E poi stavolta il sindaco gioca contro corrente: i suoi avversari interni - che controllano ancora la «macchina» del partito - non solo hanno fissato un calendario surreale per il congresso (se avessero potuto, avrebbero convocato le primarie per il 25 dicembre), ma ne stanno boicottando l'organizzazione. Basti pensare che, fino a una settimana fa, i gazebo previsti erano la metà di quelli del 2012. Ieri, dopo un duro braccio di ferro, si era saliti ai due terzi. L'obiettivo dell'ostruzionismo è chiaro: depotenziare l'investitura di Renzi, e alzare lo share di Gianni Cuperlo meno gente va a votare, più peserà il voto di apparato. Le stime sulla partecipazione sono allarmanti: se due settimane fa la Swg la calcolava in 2 milioni, «l'altro ieri era a 1 milione 700mila e, temo, si potrebbe chiudere a 1 milione 500mila», dice Roberto Weber a Huffington Post. Intanto i candidati girano l'Italia come trottole, per le ultime manifestazioni.
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