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D'Alema: "Non mi ricandido Ma con Renzi sarà guerra"

Baffino ribadisce l'alleanza con Bersani: "Se vincerà lui, non chiederò la deroga". L'apparato contro il segretario: "Nel 2009 vinse grazie a noi, ora non ci difende"

D'Alema: "Non mi ricandido Ma con Renzi sarà guerra"

Roma Il giorno dopo, Pier Luigi Bersani cerca di addolcire la pillola: «Io non rottamo nessuno, ma punto a rinnovare assieme», assicura. Lo preoccupa lo scontro sordo che sul «caso D'Alema» minaccia di deflagrare dentro l'apparato, e tutto in casa sua e a suo danno nella raccolta di voti per le primarie. I dalemiani la mettono giù dura, ricordandogli che i voti che gli hanno consentito di diventare segretario li ha presi tutti nel Sud, storicamente presidiato dall'ex premier (elenca puntiglioso Pasquale Laurito nella Velina rossa: «La Puglia diede a Bersani il 69 per cento, la Calabria il 70, la Basilicata il 66, la Campania il 72, l'Abruzzo il 60»). Intanto l'ex premier dichiara a Otto e mezzo che «se vince Bersani, non chiedo deroghe e non mi ricandido. Se vince Renzi sarà scontro».

Ma comunque si risolva il caso D'Alema, lo psicodramma sulle candidature si è ormai aperto, con largo anticipo sulla data delle elezioni. Tolto Veltroni, e i pochi altri che si sono fatti da parte spontaneamente (Castagnetti, Parisi, Treu, eccetera), l'elenco dei parlamentari incerti sulla propria riconferma è lunghissimo, e non comprende solo quelli che hanno superato i tre mandati, come Rosy Bindi. La quale è decisa a resistere a tutti i costi, forte del suo essere donna e presidente del Pd, argomento però non decisivo se un ex premier ce un ex segretario fondatore si faranno e da parte. Ad alto rischio anche la Finocchiaro, Ventura, Merlo, Fioroni, Duilio, Bressa, Follini. A meno che non resti il Porcellum, col suo lauto premio di maggioranza, il Pd anche vincendo non avrà molti più eletti che in questa legislatura, e dovrà dare qualche posto a socialisti e rutelliani, forse ai radicali e a Sel.

Mentre il drappello di coloro che premono per entrare per la prima volta, scalzando qualcuno degli attuali, è fitto: solo nel cosiddetto «Tortellino magico» del Nazareno, ossia la cerchia bersaniana, si contano Fassina e Orfini, Chiara Geloni e Stumpo, Di Traglia e Zoggia. Poi ci sono gli «intellettuali» fiancheggiatori, come Miguel Gotor o Michele Prospero, e c'è chi fa il nome del direttore dell'Unità, Claudio Sardo. E poi i tre giovani rampanti del comitato Bersani (pilotati da una vecchia volpe come Ugo Sposetti): l'ex Dc Alessandra Moretti e i due ex Ds Giuntella e Speranza. Chi dovrà sacrificarsi per far loro posto? Pochi, tra coloro che avrebbero diritto alla riconferma, ne hanno voglia anche se c'è chi, come Rolando Nannicini (vera eminenza grigia delle commissioni economiche) si dice favorevole alla pensione. I più allarmati sono gli «orfani», come quelli di Prodi o di Veltroni. C'è chi corre ai ripari cercando di ingraziarsi nuovi protettori, come Sandra Zampa, ex addetta stampa promossa deputata da Prodi, che ha fondato un comitato pro Bersani a Bologna. Il drappello veltroniano era nutrito nel 2008: Touadi, Morassut, Causi, Peluffo, Meta, Eliana Argentin.

Bersani li riconfermerà, se vince le primarie? C'è poi la pattuglia bindiana (Miotto, Zaccaria, Bachelet, Burtone): se deve lottare per sé stessa, Rosy avrà la forza di difendere anche loro? E c'è la folta schiera degli eletti che fanno capo a Dario Franceschini, che nel 2008 era il vice di Veltroni e il deus ex machina delle liste elettorali: Martino, Losacco, Garofani, Giacomelli, Rosato, Pina Picierno, Lapo Pistelli. Tutti o quasi alla prima legislatura, ma in vista della redistribuzione dei pesi interni che avverrà dopo le primarie nessuno dorme sonni tranquilli.

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